Il vero giallo di Leonardo

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Altro che Codice da Vinci, il giallo dell’attribuzione del Salvator Mundi a Leonardo è molto più intrigante. La vicenda del dipinto è nota solo in parte e diversi sono gli aspetti ancora tutti da chiarire1.

Il dipinto è un olio su tavola di noce delle dimensioni di 65 per 45 cm, databile intorno al 1500. Raffigura un Cristo benedicente che sorregge con la mano sinistra un globo di cristallo, simbolo del suo potere universale (Figura 1). E’ probabile che Leonardo abbia veramente dipinto un Salvator Mundi come documentato dagli studi preparatori ritrovati e oggi custoditi nel castello di Windsor  e come suggeriscono le innumerevoli copie eseguite dai pittori “leonardeschi”. Le cui vicende peraltro si confondono e si sovrappongono con la storia dell’opera originale. E’ stato supposto che Leonardo, intorno al 1500, poco prima di abbandonare Milano per la caduta degli Sforza, abbia dipinto il quadro su commissione di Luigi XII, re di Francia. Successivamente, nel corso del primo Seicento, il quadro fu donato alla moglie francese di Carlo I Stuart in occasione delle nozze. Quando il re fu giustiziato l’opera fu comperata all’asta da John Stone il quale, al ritorno degli Stuart in Inghilterra, volle restituirlo al nuovo re, Carlo II. Quindi ne divenne proprietario il successore, il fratello Giacomo II che, dichiarato decaduto, prima di fuggire, lo regalò all’amante Catherine Sedley. La figlia di questa andò in sposa ad uno Sheffield la cui famiglia rimase in possesso del dipinto sino al 1763 quando il quadro, già in pessimo stato, fu venduto per due sole sterline. A questo punto il dipinto sembra scomparire ma nel corso dell’Ottocento emerge e viene accreditato come originale il Salvator Mundi in possesso del Marchese De Ganay. Invece il dipinto che era stato in possesso dei reali inglesi ricompare alla fine dell’Ottocento quando risulta di proprietà dei Cook. La famiglia, ritenendolo una riproduzione  di scarso valore, lo tenne in custodia senza molte accortezze sino al 1958 quando, ormai in pessime condizioni, fu acquistato per 45 sterline dai coniugi Kuntz della Louisiana come copia eseguita da Giovanni Antonio Boltraffio (1467-1516), pittore italiano del primo Rinascimento italiano che aveva, tra l’altro, lavorato nella bottega milanese di Leonardo.

Figura 1. Salvator Mundi, attribuito a Leonardo, ca 1500, Olio su tavola, 65.6 cm x 45.4 cm. Immagine tratta da Wikipedia.
Figura 1. Salvator Mundi, attribuito a Leonardo, ca 1500, Olio su tavola, 65.6 cm x 45.4 cm. Immagine tratta da Wikipedia.

Il quadro compare sul mercato americano improvvisamente, nel 2005. Nel corso di un asta che mette all’incanto i beni degli “Eredi Kuntz” viene acquistato da un gallerista americano, Robert Simon, convinto che si tratti di una copia dell’originale acquisito nel corso dell’Ottocento dal Marchese De Ganay. Simon affida il quadro ad una famosa restauratrice, Dianne Dwyer, moglie del grande Mario Modestini, colui che aveva autenticato la Ginevra Benci di Leonardo e considerato a sua volta uno dei più grandi restauratori del secolo. Già nel 2008, a restauro non ancora ultimato, inizia a correre la voce della attribuzione a Leonardo da parte di studiosi importanti. Nel 2011 il dipinto viene ufficialmente presentato a New York. L’attribuzione a Leonardo riceve ulteriori consensi ma anche i primi dissensi da parte di coloro che continuano a ritenere che l’originale sia quello di De Ganay o che vi scorgono la mano di un discepolo del maestro. Nel 2013 il quadro viene acquistato per 80 milioni di dollari dal gallerista Yves Bouvier e poco dopo, per 127 milioni di dollari, dal magnate russo Dimitrij Rybolovlev. Infine, nel 2017, per la cifra record di 450 milioni di dollari, il quadro viene comprato dal nuovo Louvre di Abu Dhabi. Doveva essere presentato ufficialmente nel Settembre 2018 ma, inspiegabilmente, l’evento salta e sul quadro cala il sipario. Il Louvre di Parigi ne ha chiesto la disponibilità per una mostra in programma il 24 ottobre prossimo ma non ha sinora ricevuto alcuna risposta.

Intanto aumentano le voci critiche che contestano l’attribuzione a Leonardo. Di recente Jacques Franck, esperto d’arte molto apprezzato e consulente del Louvre parigino dal 2010 al 2016, ha messo in discussione l’autenticità dell’opera sottolineando alcuni particolari che renderebbero assolutamente non plausibile la paternità leonardesca (Figura 2)2. Innanzitutto la vacuità dello sguardo che contrasta con la grande espressività che il maestro fiorentino riusciva ad ottenere. Il secondo elemento è costituito dalla rotazione innaturale del dito medio della mano benedicente, inspiegabile per un autore così accurato sotto il profilo della rappresentazione anatomica. Anche la fissità dei capelli del Cristo contraddice la plasticità caratteristica dei ritratti di Leonardo. Infine la piattezza del globo che il Cristo tiene sulla mano sinistra contrasta nettamente con la grande capacità del maestro di dare volume agli oggetti. Già l’americano Walter Isaacson aveva specificato che la mano e la veste del Cristo che traspaiono attraverso il cristallo non appaiono deformati come avrebbero dovuto, un errore ingiustificato da parte del maestro che proprio in quegli anni stava studiando i principi ottici e la rifrazione della luce3.

Figura 2. Salvator Mundi, particolari discussi da Jacques Franck.
Figura 2. Salvator Mundi, particolari discussi da Jacques Franck.

Per Franck il quadro è opera di Gian Giacomo Caprotti, detto il Salaì, allievo prediletto di Leonardo, e autore di un Cristo Redentore (Figura 3) che presenta non poche somiglianze con il Salvator Mundi. I curatori del Louvre prendono le distanze da Franck ma, se mai il dipinto dovesse giungere a Parigi, non è chiaro con quale attribuzione verrà presentato. Il giallo continua.

Figura 3. Cristo Redentore, Gian Giacomo Caprotti detto Andrea Salaì, 1511, Olio su tavola, 57.5 cm × 37.5 cm. Immagine tratta dal sito ambrosiana.it.
Figura 3. Cristo Redentore, Gian Giacomo Caprotti detto Andrea Salaì, 1511, Olio su tavola, 57.5 cm × 37.5 cm. Immagine tratta dal sito ambrosiana.it.

 

CDL, 3 Marzo 2019

 

Pubblicato su Il Sestante il 7 Marzo 2019

 

  1. Per una bella ricostruzione giornalistica si veda: Marco Carminati. Il «Salvator Mundi» e i suoi misteri. Il Sole 24 Ore, 12 Settembre 2018. La ricostruzione è tratta dal libro di Pierluigi Panza (L’ultimo Leonardo. Storia, intrighi e misteri del quadro più costoso del mondo. Utet, Torino, 2018).
  2. Dario Pappalardo. E’ Leonardo? Il grande dubbio ora agita il Louvre. La Repubblica, 20 Febbraio 2019, pp 38-39.
  3. Selene Gagliardi. La scoperta di un errore grossolano nel “Salvator Mundi” di Leonardo mette in discussione la paternità dell’opera. Huffingtonpost, 19 Ottobre 2017.

 

 

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