Il ritratto tra perennità dell’arte e desiderio di immortalità

 

 

Si dice che l’arte, per l’ambizione stessa di porsi sul piano dell’eternità, risponda al bisogno di immortalità dell’uomo. Se questo è vero in generale, a maggior ragione lo è per la ritrattistica, il genere che per eccellenza si ripropone di perpetuare il contenuto della rappresentazione oltre la caducità della vita per consegnarlo imperituro alla posterità.

La fotografia nulla ha tolto al ritratto perché nel disegno o nel dipinto la mediazione dell’artista è comunque in grado di cogliere i tratti non solo somatici della persona ma il flatus della stessa. D’altra parte il film, la cui plasticità pure rende la rappresentazione particolarmente espressiva, proprio per la sua dinamicità non riesce ad afferrare per fissarli i caratteri distintivi e quindi ad interpretarli con altrettanta efficacia rispetto al ritratto.

Giorgio Vasari narra la vicenda di Luca Signorelli, uno dei pittori della Cappella Sistina, che perse l’amatissimo figlio Antonio nel corso di un’epidemia di peste (1): «Dicesi che essendogli stato occiso in Cortona un figliuolo che egli amava molto, bellissimo di volto e di persona, che Luca così addolorato lo fece spogliare ignudo e con grandissima constanza d’animo, senza piangere o gettar lacrima lo ritrasse, per vedere sempre che volesse, mediante l’opera delle sue mani quella che la natura gli aveva dato e tolto la nimica fortuna» (2). Quale impulso, se non il disperato desiderio di trattenere la vita, può spingere un padre a ritrarre il figlio appena morto?

Molti degli artisti più grandi, in particolare nel periodo compreso tra il Rinascimento ed il secolo scorso, si sono cimentati nel genere della ritrattistica: da Leonardo a Michelangelo, da Raffaello a Caravaggio, da Jan van Eyck ad Albrecht Dürer, da Rembrandt a Velasquez, da van Gogh a Goya, dagli impressionisti alla pluralità di autori del Novecento.

Dunque il tratto comune della ritrattistica sembra quello di voler catturare lo spirito per trattenerlo e perpetuarlo. Il modo con il quale tale obiettivo viene perseguito è tuttavia molto diverso e risente, naturalmente, della specificità di ciascun autore. Uno degli elementi che differenzia il ritratto è la sua collocazione spaziale. In alcuni casi, tipicamente in Hans Holbein il Giovane (1497-1498/1543), il ritratto satura l’intero spazio ed è l’oggetto esclusivo della rappresentazione. In altri, per esempio in James Tissot (1836-1902), il ritratto si allarga ad abbracciare l’ambiente circostante e per certi aspetti tende al paesaggio.

Nelle figure 1-3, sono riportati i disegni raffinatissimi di Hans Holbein il Giovane che, proprio per questa sua particolare virtù artistica, fu costretto ad andare a Londra allo scopo di sottrarsi a certe tendenze iconoclastiche della Riforma. Nel disegno, che pure spesso era preparatorio per un quadro, l’artista riesce ad essere particolarmente espressivo sebbene anche i dipinti siano unanimemente considerati grandi opere d’arte (3). Di genere molto diverso le opere del grande ritrattista James Tissot (figure 4-6), più manierato e con una spiccata predilezione per il genere femminile. In lui più di altri il ritratto tende a trapassare nel paesaggio (4).

 

  1. L’aneddoto doloroso è stato di recente ricordato da Tomaso Montanari in: I ritratti di Holbein sconfiggono la morte,  Il Venerdì di Repubblica, n° 1581, p. 91, 6 Luglio 2018. Da questo articolo si è preso spunto per l’elaborazione del presente testo.
  2. Giorgio Vasari. Le vite de’ piu eccellenti pittori, scultori, et architettori, 1550.
  3. Per una completa e suggestiva galleria della ritrattistica disegnata di Hans Holbein il Giovane si veda in Wikipedia: List of portrait drawings by Hans Holbein the Younger.
  4. La collezione completa delle opere di James Tissot è disponible sul sito jamestissot.org.

 

CDL, 4 Febbraio 2019. Pubblicato su Il Sestante il 23 Luglio 2018

Figura 1. Hans Holbein il Giovane, ritratto di Lady Mary Guildford, 1527, 55,2 x 38,5 cm.
Figura 1. Hans Holbein il Giovane, ritratto di Lady Mary Guildford, 1527, 55,2 x 38,5 cm.
Figura 2. Hans Holbein il Giovane, ritratto di Sir Thoma Elyot, 1532-1534, 27,8 x 20,8 cm.
Figura 2. Hans Holbein il Giovane, ritratto di Sir Thoma Elyot, 1532-1534, 27,8 x 20,8 cm.
Figura 3. Hans Holbein il Giovane, ritratto di Sir John Godsalve, 1532-1534, 36,2 x 29,2 cm.
Figura 3. Hans Holbein il Giovane, ritratto di Sir John Godsalve, 1532-1534, 36,2 x 29,2 cm.
Figura 4. James Tissot, Al Mare, 1878, 87,5 x 61,0 cm.
Figura 4. James Tissot, Al Mare, 1878, 87,5 x 61,0 cm.
Figura 5. James Tissot, La figlia del Capitano, 1873, 50,8 x 60,9 cm.
Figura 5. James Tissot, La figlia del Capitano, 1873, 50,8 x 60,9 cm.
Figura 6. James Tissot, La sognatrice, 1871, 34,9 x 60,3 cm.
Figura 6. James Tissot, La sognatrice, 1871, 34,9 x 60,3 cm.

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