Honoré Daumier: il Michelangelo dei caricaturisti

 

 

Introduzione

Honoré Daumier (1808-1879) è uno dei più grandi caricaturisti dell’Ottocento, periodo nel quale la satira si definisce ulteriormente sul piano formale e assume una esplicita connotazione politica ricevendo continui impulsi creativi dai grandi avvenimenti storici che si susseguono nel secolo. Daumier è un’artista a tutto tondo (1): non si limita al disegno e alla litografia, che costituiscono comunque gran parte della sua opera, ma è anche un grande pittore e scultore di quel genere di realismo che si andrà affermando proprio ai suoi tempi. Balzac riconobbe in lui i tratti solenni e raffinati di Michelangelo e da allora egli è noto come il “Michelangelo della Caricatura”.

Nella Figura 1, una celeberrima litografia di Daumier, pubblicata dopo il conflitto franco-prussiano ma con riferimento a tutte le guerre, il cui risultato è sempre e in ogni luogo costituito dalla morte di innocenti, civili o militari che siano. Cinque orribili scheletri avanzano verso il gabinetto di guerra francese come testimoni di quanto accaduto. Uno è senza testa, un altro indossa ancora una uniforme da generale ormai lacera. Alla testa del gruppo una donna con il proprio bambino. La litografia, conservata al Metropolitan Museum of Art di New York, è l’unico esemplare esistente. L’effetto del disegno fu così dirompente che la censura né vietò immediatamente la diffusione. Ma in qualche modo una copia si salvò, quasi a simboleggiare che il potere per quanto pervasivo possa essere non riesce comunque mai a distruggere la verità. Oggi questa immagine conserva tutta la sua attualità non solo in riferimento alle vittime delle guerre che ancora oggi si combattono ma anche in relazione ad un altro cataclisma, quello di una migrazione epocale che non ha eguali nel corso della storia e di fronte alla quale le istituzioni europee sono colpevoli quantomeno di ignavia.

Figura 1. Conseil de Guerre (1872). Il disegno è identificato da un doppio titolo, Il Consiglio di guerra e I testimoni. Litografia, 253 × 222 mm.
Figura 1. Conseil de Guerre (1872). Il disegno è identificato da un doppio titolo, Il Consiglio di guerra e I testimoni. Litografia, 253 × 222 mm.

D’altronde quella di Daumier era stata una lunga carriera di caricaturista votato alla satira contro il potere. A partire da quella rivolta a Luigi Filippo che, nel 1832, gli valse la condanna a sei mesi di carcere, scontati, per una delle tante caricature di cui il re era stato fatto oggetto (Figura 2). Il Re di Francia, gigante enorme, divora le risorse che il popolo (sulla destra) riesce a produrre con grande fatica. La madre che con il bambino in grembo crolla a terra esausta è la rappresentazione plastica dello sforzo enorme che il popolo doveva compiere per sopravvivere e per ingrassare la corte. Sulla sinistra i deputati dell’Assemblea Nazionale sono affaccendati in operazioni inutili. Alcuni leccano i piedi del sovrano.

 

La satira politica nel commento di Baudelaire

Commentatore d’eccezione dell’opera di Daumier fu Charles Baudelaire che gli dedicò ampio spazio nell’articolo, “Quelques caricaturistes français”, pubblicato sulla rivista “Le Présent” il 1 ottobre 1857 (2). Baudelaire era un critico particolarmente versato alla satira. Basti pensare che nel 1846 fu coautore (insieme a Theodore de Banville e Auguste Vitu) di un’opera satirica, “Le Salon Caricatural”, illustrata da 60 caricature di Raimon Pelez, il cui obiettivo dichiarato era quello di fare il verso all’esposizione di quadri tenuta a Parigi quell’anno (il Salon) irridendo la giuria, gli artisti, i visitatori, i critici. Si riporta di seguito l’articolo di Baudelaire del 1857 nella parte riferita a Daumier.

«Mi propongo ora di parlare di uno degli uomini più importanti, non soltanto, si badi, della caricatura, ma anche dell’arte moderna, di un uomo che ogni mattina diverte i parigini, e giorno dopo giorno soddisfa ai bisogni dell’allegria pubblica e le somministra il debito pasto. Il borghese, l’uomo d’affari, il ragazzotto, la donna, ridono e spesso passano oltre, davvero ingrati! senza badare al nome. Sino ad oggi solo gli artisti hanno capito quanto rigore vi sia inquesto disegnatore, da farne materia di uno studio. È facile intuire che parlo di Daumier.

Gli esordi di Honoré Daurnier non furono molto brillanti; egli si mise a disegnare perché sentiva di dover disegnare, per una vocazione ineluttabile. Cominciò dapprima a piazzare qualche schizzo in un giornaletto fondato da William Duckett [La Silhouette, a cui Baudelaire collaborò nel 1845]; poi Achille Ricourt, che a quei tempi commerciava in stampe, gliene comperò degli altri. La rivoluzione del 1830 diede origine, come tutte le rivoluzioni, a una febbre caricaturale. Per i caricaturisti fu veramente un’epoca fortunata. In quella guerra accanita contro il governo, e in particolare contro il re, si combatteva col cuore, con il fuoco della passione. Suscita un effetto curioso passare oggi in rassegna quella vasta galleria di mascherate storiche che avevano nome la “Caricature”, il grande archivio comico dove tutti gli artisti di qualche levatura portarono il proprio contributo. È un bailamme, un cafarnao, una prodigiosa commedia satanica, ora burlesca, ora sanguinante, in cui sfilano, agghindati in costumi vari e grotteschi, tutte le glorie politiche. Fra tutti quei grandi uomini della monarchia nascente, quanti nomi caduti ormai nell’oblio! Questa epoca fantastica è dominata, coronata dalla piramidale e olimpica Pera di processuale memoria [La notissima caricatura della testa di Luigi Filippo a forma di pera]. Viene alla mente che Philipon (3), il quale aveva di continuo a che fare con la giustizia regia, volendo una volta dimostrare dinanzi al tribunale che nulla era più innocente di quella pera irritante e malaugurata, disegnò proprio in aula una serie di schizzi il primo dei quali rappresentava esattamente la figura del re, mentre tutti gli altri, allontanandosi più e più dal modello primitivo, si avvicinavano passo passo al termine fatale: la pera (Figura 3) (4). “Vedete, diceva, che rapporto c’è tra quest’ultimo schizzo e il primo?” Esperienze analoghe si sono fatte sulla testa di Gesù e su quella dell’Apollo, e credo che si sia riusciti a ridurre una di queste alla somiglianza di un rospo. Ma quell’espediente non provava assolutamente nulla. Il simbolo era stato trovato in virtù di una compiacente analogia. E quindi non occorreva altro. Con questa specie di gergo plastico, si era padroni di dire e di fare intendere al popolo tutto quanto si voleva. Cosi attorno a questa pera tirannica e dannata si radunò la gran banda patriottica delle scimmie urlatrici. Sta di fatto che vi si portava un accanimento, una forza collettiva straordinaria, e per quanto la giustizia replicasse ostinata, chi sfogli oggi questi archivi burleschi, resta profondamente stupito che una guerra cosi furiosa abbia potuto protrarsi per più anni.

Figura 3. Le Pere. A sinistra la caricatura di Daumier pubblicata su La Caricature del 24 Novembre 1831. A destra l’originale di Philipon del 14 Novembre 1831.
Figura 3. Le Pere. A sinistra la caricatura di Daumier pubblicata su La Caricature del 24 Novembre 1831. A destra l’originale di Philipon del 14 Novembre 1831.

Ho appena detto, credo: buffoneria sanguinante. E in effetti questi disegni sono spesso colmi di sangue e di furore. Massacri, incarcerazioni, arresti, perquisizioni, processi, cariche di polizia, tutti questi episodi dei primi tempi del governo del 1830 ricompaiono ad ogni tratto; non resta che darne un giudizio:

La Libertà, giovane e bella, assopita in un sonno periglioso, col suo bravo berretto frigio, non ha idea del pericolo che la minaccia. Un uomo avanza verso di lei con cautela, mosso da cattive intenzioni. Ha il collo massiccio degli scaricatori o dei grossi proprietari. La sua testa a pera è sormontata da un ciuffo svettante e ha una cornice di larghi favoriti. Il mostro è visto da tergo, e il piacere di indovinarne il nome rendeva tanto più la stampa preziosa. L’uomo avanza verso la giovane, si appresta a violentarla. – Avete detto, Signora, le vostre preghiere stasera? – È Otello-Filippo che soffoca l’innocente Libertà, nonostante le sue grida e la sua resistenza.

Lungo una casa più che sospetta passa una ragazza che ha il suo berrettino frigio; lo porta con la civetteria innocente di una sartina democratica. Il signor X e il signor Y (facce note, ministri, c’è da giurare, dei più eminenti) fanno nel caso uno strano mestiere. Circuiscono la povera ragazza, le sussurrano all’orecchio parole dolci o salaci, e la spingono pian piano verso l’andito angusto. Dietro una porta, si immagina l’Uomo. Il suo profilo è confuso, ma è proprio lui! Ecco il ciuffo e i favoriti. Lui che aspetta, impaziente!

Ecco la Libertà trascinata dinanzi a una corte feudale o a un tribunale gotico: una grande galleria di ritratti moderni in costumi antichi.

Ecco la Libertà condotta nella stanza della tortura. Stanno per maciullarle le esili caviglie, gonfiarle il ventre di torrenti d’acqua, o compiere su di lei tutt’altra sorta di abbominio. Gli. atleti dalle braccia nude e dalle forme robuste, assetati d1 supplizi, sono facilmente riconoscibili. Sono Tizio e Sempronio, – le bestie nere dell’opinione pubblica (Non ho più le stampe sottocchio; potrebbe darsi che una di queste ultime fosse di Traviès).

In tutti questi disegni, la maggior parte dei quali è eseguita con un rigore e una coscienza notevoli, il re fa sempre la parte dell’orco, dell’assassino, del Gargantua insaziato, e talvolta anche peggio. Dalla rivoluzione del febbraio, mi è occorso di vedere una sola caricatura la cui ferocia mi ricordasse il tempo dei grandi furori politici; perché tutte le requisitorie politiche spiattellate per le vie, durante la grande elezione presidenziale, offrivano appena pallide immagini in confronto alle creazioni dell’epoca di cui ho parlato. Fu poco dopo gli sciagurati massacri di Rouen (5). – In primo piano, un cadavere, crivellato di pallottole, disteso sopra una barella; dietro di esso tutti i pezzi grossi della città in uniforme ben arricciati, imbustati, agghindati, coi baffi all’insù e gonfi di orgoglio; ci sono fra loro alcuni dandy borghesi, con un mazzetto di viole alla bottoniera della giubba, che vanno a montar la guardia o a reprimere la sommossa; insomma, un ideale di guardia borghese, come diceva il più celebre dei nostri demagoghi. In ginocchio dinanzi alla barella, ravvolto nella sua veste di giudice, con la bocca aperta. che lascia vedere come uno squalo la doppia fila dei denti tagliati a sega, F. C. passa lentamente gli artigli sulla carne del cadavere che graffia con delizia. – Ah! il Normanno! esclama, fa il morto per non rispondere alla Giustizia!

Proprio con questo stesso furore “La Caricature” faceva la guerra al governo. Daumier ebbe una parte importante in questa guerriglia senza fine. Era stato escogitato un mezzo per provvedere alle ammende che si abbattevano su “Le Charivari”; si pubblicavano su “Le Charivari” alcuni disegni supplementari la cui vendita copriva il pagamento imposto. Davanti al massacro tristissimo della Rue Transnonain, Daumier si dimostrò davvero artista grande; ma il disegno è oramai piuttosto raro, poiché fu sequestrato e distrutto. Non è in senso proprio caricatura, è storia volgare e terribile realtà (Figura 4). – In una stanza povera e desolata, la stanza tipica del proletariato, dai mobili comuni e indispensabili, il corpo di un operaio nudo, in camicia e berretto di cotone, giace lungo disteso sul dorso, a braccia e gambe aperte. Intorno, sono evidenti i segni di una lotta feroce e di un duro tafferuglio le sedie sono rovesciate come il comodino e il vaso da notte. Sotto il peso del proprio cadavere, il padre schiaccia tra la schiena e il pavimento il corpo senza vita del suo bambino. Nella fredda soffitta non c’è che il silenzio e la morte.

In quella stessa epoca Daurnier cominciò a fare una galleria satirica di ritratti di personaggi politici. Anzi ve ne furono due, una di figure intere, l’altra di busti. Credo che quest’ultima sia posteriore e non raffiguri che pari di Francia. L’artista vi rivelò un’intelligenza mirabile del ritratto; pur caricando ed esagerando i tratti originali, egli resta così sinceramente dentro la natura, che la serie può servire di modello a tutti i ritrattisti. Tutte le miserie dello spirito, tutte le debolezze comiche, tutte le manie dell’intelligenza, tutti i vizi del cuore si leggono e traspaiono chiaramente su questi volti animalizzati; ma al tempo stesso, tutto è disegnato e accentuato con dovizia. Daumier fu agile come un artista e insieme esatto come Lavater. Vero è che le opere che portano la data di quegli anni differiscono notevolmente dal suo lavoro di oggi. Manca ancora la facilità d’improvvisazione, la sprezzatura, e la levità di matita che egli raggiunge più tardi. Talora è un po’ greve, per quanto di rado, ma sempre finitissimo, quanto mai coscienzioso e pieno di rigore.

Ricordo ancora un bellissimo disegno appartenente allo stesso gruppo: La Liberté de la presse (Figura 5). Tra i suoi strumenti di emancipazione, il suo materiale da stampa, un operaio tipografo, col sacramentale berretto di carta di traverso, le maniche della camicia rimboccate, tetragono come un masso, piantato solidamente sui suoi piedoni, stringe i pugni e aggrotta le sopracciglia. L’uomo è muscoloso e strutturato come le figure dei grandi maestri. Sullo sfondo, l ‘eterno Filippo e i suoi agenti di polizia, che non hanno il coraggio di farsi sotto.

Ma il nostro grande artista ha al suo attivo cose assai differenti. Cosi descriverò alcune delle stampe più memorabili, tratte da generi diversi. Dopo di che, analizzerò il valore filosofico e artistico di quest’uomo singolare, e da ultimo, nel prenderne congedo, stenderò il regesto delle varie serie e categorie della sua opera o perlomeno farò del mio meglio, visto che al presente la sua opera è un labirinto, una foresta di un inestricabile rigoglio.

Le Dernier Bain [L’Ultimo Bagno], caricatura seria e patetica (Figura 6). Sul parapetto di un lungofiume, in piedi e già sporto in avanti, si da formare un angolo acuto con la base dalla quale si stacca come una statua che perda l’equilibrio, un uomo si lascia cadere d’un pezzo nel fiume. Deve essere proprio risoluto; ha le braccia quietamente conserte; un grosso sasso gli pende dal collo con una corda. Ha proprio giurato di non tirarsene più fuori. Non è il suicidio di un poeta che vuole essere ripescato e far parlare di sé. Bisogna vedere la redingote misera e spiegazzata sotto la quale spuntano tutte le ossa. E la cravatta malandata e attorcigliata come un serpente, e il pomo di Adamo, ossuto e aguzzo! Francamente, non si ha il coraggio di volerne a questo povero diavolo che va sott’acqua per fuggire lo spettacolo della civiltà. Nello sfondo, dall’altra parte del fiume, un borghese contemplativo, dal ventre rotondetto, attende alle delizie innocenti della pesca.

Si immagini un posto proprio solitario di una barriera oscura e poco frequentata, oppressa da un sole a piombo. Un uomo dalla figura alquanto funebre, un becchino o un medico, brinda e beve un mezzo in un boschetto spoglio, sotto un traliccio di canne polverose, a tu per tu con uno scheletro orrendo. Accanto giacciono la clessidra e la falce. Non ricordo più il titolo della stampa. Senza dubbio, i due figuri boriosi intavolano una scommessa omicida o una dotta conversazione erudita sulla mortalità.

Daumier ha disseminato il proprio talento nelle più svariate direzioni. Quando ha dovuto illustrare una mediocre pubblicazione medico-poetica, la Némésis médicale, ci ha dato disegni splendidi. Uno di essi, intorno al colera (Figura 7), rappresenta una piazza inondata, stacciata di luce e di calore. Il cielo parigino, fedele alla sua abitudine ironica nelle grandi calamità e nei grandi tumulti politici, è un cielo splendido: bianco, incandescente di fuoco. Le ombre sono nere e nitide. Un cadavere giace di traverso a una porta. Una donna rientra di gran corsa tappandosi il naso e la bocca. La piazza è deserta e torrida, più desolata di una piazza gremita che una sommossa ha ridotto a una solitudine. Sullo sfondo, si profilano tristi due, tre miseri carri funebri attaccati a comici ronzini, e in mezzo a questo foro della desolazione, un povero cane disorientato senza meta né direzione, magro fino alle ossa, fiuta il selciato risecco, con la coda stretta tra le gambe.

Ma ora, ecco il bagno penale. Un signore di molta dottrina, in abito nero e cravatta bianca, un filantropo, un riparatore di torti, siede estatico tra due forzati dalle facce spaventose, ottuse come certi deficienti, feroci come mastini, logore come stracci. Uno dei due gli racconta di avere assassinato il padre, violentato la sorella, o compiuto qualche altro crimine d’eccezione. – Ah, amico, che organismo complesso avevate! esclama lo studioso in estasi.

Questi esempi bastano a dimostrare quanto rigoroso sia il più delle volte il pensiero di Daumier, e come egli aggredisca con forza il suo soggetto. Chi sfogli la sua opera, vedrà sfilare davanti al proprio sguardo, nella sua realtà fantastica e impressionante, tutto ciò che una metropoli accoglie in fatto di mostruosità viventi. E tutto quanto essa racchiude di tesori spaventosi, grotteschi, sinistri e risibili, non è ignoto a Daumier. Il cadavere vivo e affamato, il cadavere grasso e sazio, le ridicole miserie della coppia, tutte le sciocchezze, gli orgogli, gli entusiasmi, tutte le disperazioni del borghese, non vi è nulla che manchi. Nessuno al pari di lui ha conosciuto e amato (come sa l’artista) il borghese, ultimo vestigio del Medioevo, rovina gotica dalla vita cosi dura, questo tipo cosi banale e insieme eccentrico. Daumier ha vissuto nella sua intimità, lo ha spiato giorno e notte, ne ha appreso i misteri dell’alcova si è legato con la moglie e i figli, conosce la forma del suo naso e la struttura della sua testa, sa lo spirito che tiene in vita la sua casa dal tetto alla cantina.

Sarebbe impossibile condurre un’analisi completa dell’opera di Daumier; e perciò mi limito ai titoli delle sue serie più rappresentative, senza concedere troppo al giudizio o al commento. In tutte vi sono frammenti ammirevoli.

Robert Macaire, Mceurs conjugales [Costumi coniugali], Types parisiens [Tipi parigini], Profils et silbouettes [Profili e figure], LesBaigneurs (I Bagnanti], Les Baigneuses [LeBagnanti], Les Canotiers parisiens [I Canottieri parigini], Les Bas-bleus [Le Donne saccenti], Pastorales [Pastorali], Histoire ancienne [Storia antica], LesBons Bourgeois [I Buoni Borghesi], Les Gens de ]ustice [I Magistrati], La ]ournée de M. Coquelet [La Giornata del signor CoqueJet], Les Philanthropes du jour [I Filantropi del giorno], Actualités [Attualità], Tout ce qu’on voudra [Non c’è che da scegliere], Les Représentants représentés [I Rappresentanti rappresentati]. A ciò si aggiungano inoltre le due gallerie di ritratti di cui ho discorso (Una produzione incessante e regolare ha reso questo elenco più che incompleto. Una volta ho tentato di fare con Daumier il catalogo completo della sua opera. In due, non ci siamo riusciti).

Ho due osservazioni significative da fare riguardo alle serie di Robert Macaire e dell’Histoire ancienne. – Robert Macaire inaugurò di fatto la caricatura di costume. La grande guerra politica si era un poco acquietata. L’accanimento delle persecuzioni, l’atteggiamento del governo che si era consolidato, e una certa stanchezza connaturata allo spirito umano avevano gettato molta acqua su tutto quel fuoco. Occorreva trovare qualcosa di nuovo. E la polemica diede il luogo alla commedia. La Satira Menippea lasciò il campo a Molière, e la grande epopea di Robert Macaire, narrata da Daumier in forme fiammeggianti, successe alle rabbie rivoluzionarie e ai disegni allusivi. Da quel momento, la caricatura assunse un piglio nuovo, non fu più esclusivamente politica, divenne la satira generale dei cittadini. Ed entrò cosi nell’area del romanzo.

La Histoire ancienne mi sembra cosa importante, in quanto è, per cosi dire, la migliore parafrasi del verso famoso: Qui nous délivrera des Grecs et des Romains? [Chi ci libererà dai Greci e dai Romani?] Daumier si è scagliato duramente contro l’antichità, la falsa antichità, – perché nessuno più di lui sente l’antica grandezza, – ci ha sputato sopra; e l’ardente Achille, e il prudente Ulisse, e la saggia Penelope, e Telemaco, quel gran balordo, e la bella Elena che condusse Troia alla rovina, e tutti insomma ci appaiono di una comica laidezza che ricorda le vecchie carcasse di attori tragici quando fiutano una presa di tabacco dietro le quinte. Fu un oltraggio più che spassoso, con una sua utilità. Ricordo come un poeta lirico e pagano di mia conoscenza ne fosse profondamente indignato. Diceva che era un’empietà e parlava della bella Elena come altri parlano della Vergine Maria. Ma quanti non portano rispetto all’Olimpo e alla tragedia furono naturalmente condotti a prenderne diletto.

Per concludere, Daumier ha spinto la sua arte molto avanti, facendone un’arte severa, da caricaturista grande. A volerlo apprezzare degnamente, occorre farne un’analisi dal punto di vista dell’artista e da quello della morale. – Come artista, ciò che distingue Daumier è la sicurezza. Egli disegna come i grandi maestri. Il suo tratto è ricco, agevole, di un’improvvisazione continua; e tuttavia non è mai chic. La sua memoria prodigiosa e quasi divina gli sovviene da modello. Le figure sono sempre di calibro giusto, e sempre in un movimento dal vero. La sua capacità di osservazione è tanto sicura che non trovi una sola testa discordante con il corpo che la sostiene. E cosi il naso, la fronte, l’occhio, il piede, la mano. È la logica dell’uomo di scienza trasposta in un’arte lieve e fugace, che ha di contro la mobilità stessa della vita.

Quanto alla morale, Daumier presenta qualche affinità con Molière. Al pari di lui, egli va dritto allo scopo. L’idea si rivela in un baleno. Si guarda e si è capito. Le didascalie sotto i suoi disegni non servono molto, poiché questi ne potrebbero quasi sempre fare a meno. In lui il comico è, per cosi dire, involontario. L’artista non cerca, si direbbe anzi che l’idea gli sfugga di mano. La sua caricatura è formidabile per vastità, ma è priva di rancore e di fiele. In tutta la sua opera vi è un fondo di onestà e di indulgenza. Spesso egli ha rifiutato, ed è un aspetto da notare bene, di trattare certi spunti satirici belli e violenti quant’altri mai, perché questo, diceva, superava i limiti del comicoe poteva ferire la coscienza del genere umano. Così allorché è lacerante o terribile, ciò accade quasi senza che egli lo abbia voluto. Daumier ha dipinto ciò che ha visto, e il risultato non poteva essere un altro. Siccome egli ama di una passione nativa la natura, sarebbe difficile per lui attingere il comico assoluto. Ma egli evita, attento, tutto ciò che per un pubblico francese non sia oggetto di una percezione chiara e immediata.

Un’ultima osservazione. Ciò che completa il temperamento eminente di Daumier, e fa di lui un artista specialissimo, nella famiglia illustre dei grandi maestri, è il fatto che il suo disegno è colorito già per natura. Le sue litografie e i suoi disegni su legno suscitano idee di colore. La sua matita contiene ben altro che il nero chiamato solo a delimitare dei contorni. Essa fa intuire il colore

quanto il pensiero; segno di un’arte superiore, che tutti gli artisti d’intelletto hanno scorto lucidamente nelle opere di Daurnier».

 

La satira di costume e la raffinatezza del disegno

La satira politica rimase sempre l’orizzonte preferito dell’artista anche quando le condizioni per praticarla divennero ancora più difficili. Così quando nel 1835 il governo francese mette in atto una severa censura, Daumier muta apparentemente i temi delle proprie rappresentazioni e si dedica ad una satira di costume che però inevitabilmente diventa sociale e, in ultima analisi, politica. A giudizio dell’autore i disegni della satira di costume sono di pregio stilistico eccelso. Ed anche sotto il profilo semantico sembrano più sofisticati rispetto a quelli in cui prevale la polemica politica. In proposito si osservino i 28 disegni raccolti nella serie “Bohemiens de Paris”, pubblicati sulla rivista “Le Charivari” a partire dal 1840. Essi sono in realtà una critica sarcastica e feroce della società francese di allora di cui vengono irrisi i detriti ma anche le élite intellettuali e politiche. I bersagli sono coloro che con miserabili occupazioni sono costretti a sfangare la vita (senza ribellarsi) ma anche i giudici e gli avvocati e non vengono risparmiati nemmeno i funzionari governativi, i medici, i professori. Anche quando vengono prese di mira figure misere, comunque non manca il riferimento a persone di lignaggio superiore. Così l’accattone di cicche si lamenta che funzionari di carriera fumino per intero il sigaro senza lasciare alcun straccio di mozzicone (Figura 8). O la spigolatrice che deplora le mogli dei banchieri che non perdono nemmeno un fazzoletto che ella possa ramazzare (Figura 9). Insomma le osservazioni sulle miserie umane coinvolgono quella parte di società civile che gira attorno al potere politico (Parigi) di cui si fa serva in cambio di nulla o di misere prebende (si veda un campionario della serie “Bohemiens de Paris” nelle Figure 10-35). E la cifra stilistica di queste rappresentazioni, proprio sotto il profilo della raffinatezza dei tratti, è veramente eccezionale.

Figura 9. La spigolatrice, La glaneuse. Le Charivari, 20 Novembre 1841. La donna deplora le mogli dei banchieri che non perdono nemmeno un fazzoletto che ella possa ramazzare.
Figura 9. La spigolatrice, La glaneuse. Le Charivari, 20 Novembre 1841. La donna deplora le mogli dei banchieri che non perdono nemmeno un fazzoletto che ella possa ramazzare.
Figura 22. La passeggiatrice, La marcheuse. La Caricature, 26 Dicembre 1841. Le Charivari, 22 Maggio 1842.
Figura 22. La passeggiatrice, La marcheuse. La Caricature, 26 Dicembre 1841. Le Charivari, 22 Maggio 1842.

 

 CDL, 1 Gennaio 2019 

 

Bibliografia

  1. L’opera di Daumier oltre che varia fu anche molto ampia. Oltre 4.000 litografie, 1.000 incisioni, 550 dipinti ad olio, 100 sculture e 1.900 disegni  sono raccolti e resi disponibili presso il sito “The Daumier register” curato da Dieter e Lilian Noack, da cui sono tratte la maggior parte delle immagini riprodotte nella presente trattazione.
  2. Il testo tradotto in italiano è riportato in: Charles Baudelaire. Alcuni caricaturisti francesi. In: Scritti sull’arte. Einaudi, Torino, 2004, pp 156-173. Traduzione di Giuseppe Guglielmini e Ezio Raimondi.
  3. Charles Philipon (1800-62), personaggio chiave dell’editoria satirica, fu anche autore di brochures politiche. Fondò nel 1830 “La Caricature” e nel 1832 “Le Charivari” che cedette nel 1842. Creò in seguito il “Robert Macaire” con Daumier, “Le Musée pourRire” (1839-40), Les Physiologies  (1840), “Le Journal pour Rire” (1849)  che diventò “Le Journal amusant” e “Le Musée anglo-francais” (1854) con Doré.  Philipon ebbe stretti rapporti di collaborazione con Daumier che sarà uno degli autori di caricature che maggiormente pubblicherà sulle sue riviste. Anche Philipon, come lo stesso Daumier, ebbe diverse disavventure giudiziarie legate alla censura. In uno dei processi nei quali fu imputato, nel corso dell’udienza del 14 novembre 1831, Philipon tenta l’ultima carta per dimostrare che dal momento che “tutto può apparire come il re” nessuno può essere considerato responsabile di eventuali somiglianze. E così, seduta stante, disegna la testa del re e la sua progressiva trasformazione in pera. La metamorfosi verrà pubblicata sulla rivista “Le Charivari”.
  4. La sequenza della trasformazione fu realizzata da Charles Philipon il 14 novembre 1831 ma, su sua richiesta, fu ripresa da Daumier che la pubblicò su La Caricature del 24 Novembre 1831.
  5. In Francia la Monarchia di Luglio (1830-1848) dovette fronteggiare diversi tentativi insurrezionali. Uno di questi scoppiò il 15 Aprile 1834 e fu allora che si verificò l’eccidio di Rue Transnoian. Un distaccamento dell’esercito si apprestava ad attaccare una barricata quando dal tetto di una casa furono esplosi dei colpi che uccisero un ufficiale. La reazione fu violentissima: le porte delle case di Rue Tansnoian furono scardinate e gli abitanti passati per le armi senza distinzione di età e sesso.

 

 

Galleria di immagini e didascalie

Figura 1. Conseil de Guerre (1872). Il disegno è identificato da un doppio titolo, Il Consiglio di guerra e I testimoni. Litografia, 253 × 222 mm.

Figura 2. Gargantua. La Caricature, 15 Dicembre 1831.

Figura 3. Le Pere. A sinistra la caricatura di Daumier pubblicata su La Caricature del 24 Novembre 1831. A destra l’originale di Philipon del 14 Novembre 1831.

Figura 4. L’eccidio di Rue Transnoian. Litografia, 339 x 465 mm.

Figura 5. Libertà di stampa. L’Association mensuelle, Marzo 1834.

Figura 6. L’ultimo bagno. Le Charivari, 7 Giugno 1840.

Figura 7. Il colera. Némésis médicale, 1840.

Figura 8. L’accattone di mozziconi, Le ramasseur de bouts de cigares. Le Charivari, 5 Dicembre 1841. L’accattone di cicche si lamenta che funzionari di carriera fumino per intero il sigaro senza lasciare alcun mozzicone.

Figura 9. La spigolatrice, La glaneuse. Le Charivari, 20 Novembre 1841. La donna deplora le mogli dei banchieri che non perdono nemmeno un fazzoletto che ella possa ramazzare.

Figura 10. Il commerciante di catenine, Le Md. de chaînes de suretés. Le Charivari, 4 Settembre 1840.

Figura 11. Il venditore di strada, Le groom public. Le Charivari, 6 Dicembre 1841.

Figura 12.  Il predatore, Le maraudeur. Un cacciatore di gatti tenta di attirarne uno in trappola. Le Charivari, 12 Dicembre 1841.

Figura 13. Mendicante a domicilio, Le mendiant a domicile. Le Charivari, 27 Novembre 1841. Il mendicante bussa senza avere risposa e si chiede se i padroni di casa sospettino che sia andato a chiedere un prestito.

Figura 14. Venditore di strada, L’allumeur de chalands. Le Charivari, 9 Dicembre 1841. Un perdigiorno che in strada fa commercio di orologi d’oro, penne d’argento, gioielli e altro. Fiuta la polizia prima che arriva e sparisce con il suo commercio.

Figura 15. Un caro compagno di collegio, L’ami de collège. Le Charivari, 19 Dicembre 1841. Oh, come sei ingrassato. Un momento dopo, risolto il malinteso, il malcapitato si rende conto che il presunto amico aveva improvvisato la scena solo per fare una conoscenza … con il suo orologio!

Figura 16. Lo scroccone, Pique-assiette. Le Chiarivari, 25 Dicembre 1841. Bene, bene, nozze di gran classe al Very. Con i guanti bianchi … saluto la sposa come un amico del marito … e poi lo sposo come amico della moglie.

Figura 17. Il Prefetto dell’Impero, Le Prefet de l’Empire. Le Charivari, 28 Dicembre 1841. Al diavolo, ho sfruttato Véry, Véfour, le Café Anglais, devo cambiare urgentemente la mia immagine… sarò un banchiere che ha dimenticato il suo portafoglio.

Figura 18. Il rifugiato politico, Le réfugié politique. Le Charivari, 13 Marzo 1842. Signora, mi permetta di presentarmi come Belisario, salvo che posso vedere (secondo una leggenda Giustiniano avrebbe fatto accecare uno dei suoi generali migliori, Flavio Belisario, costringendolo a chiedere l’elemosina per le vie di Costantinopoli). Io sono il più grande generale di mare e di terra del principe di Monaco. Esiliato da un tiranno geloso della mia gloria … non ti chiederò un obolo… preferirei una moneta da 50 centesimi!

Figura 19. L’ufficiale giudiziario, Le recors. Le Charivari, 30 Dicembre 1841.

Figura 20. Il venditore di marchette, Le marchand de contremarques. Le Charivari, 4 Gennaio 1842.

Figura 21. Il parassita, Le ravageur. Le Charivari, 9 Gennaio 1842.

Figura 22. La passeggiatrice, La marcheuse. La Caricature, 26 Dicembre 1841. Le Charivari, 22 Maggio 1842.

Figura 23. Il mecenate, le protecteur. Le Charivari, 11 Gennaio 1842. «Bene, mio caro, ti ho infine ritrovato… non ti ricordi? Sono stato io che, prima della mia sventura, ti ho aiutato per fare questo lavoro superbo». « Quale?». «Cosa? Non ti ricordi? Beh, è grazie a me … ma ora sono io che ho bisogno di soldi per un affare. Potresti prestarmi cinque franchi!».

Figura 24.  L’attacchino, Le plaçeur. Le Charivari, 25 Gennaio 1842. Un impiegato pubblico pagato miseramente incolla manifesti clandestinamente e intanto medita sulla necessità di sostituire cappello e cappotto, ma  soprattutto è la cena della sera prima, evidentemente molto magra, che occorre sostituire.

Figura 25. L’affarista, L’agent d’affaires. Le Chiarivari, 30 Gennaio 1842. Al diavolo sono in ritardo!… Probabilmente hanno già chiamato il caso della drogheria Flachonneau a cui la mia cliente, la signora Coquillard, è debitrice per sei chili di biscotti.

Figura 26.  Il clacchista professionista, Le claquer. Le Charivari,13 Febbraio 1842.  Sarà una serata calda: il comico vuole che rida, l’eroina che pianga, l’autore che batta i piedi, la vecchia signora che applauda…

Figura 27- L’attore del grottesco, l’acteur des funamboles. Le Charivari, 19 Febbraio 1842. E’ il tempo della passione! E in pochi minuti dovrò trasformarmi in un turco che brucia d’amore e dire: “Oh Zuléma, condividi i miei tesori e il mio trono … e indulgi nei piaceri e nelle ricchezze!” E tutto con un piatto di patatine nello stomaco!

Figura 28. Il tosatore di cani, Le tondeur des chiens. Le Charivari, 15 Febbraio 1842. Povero caro animale, che pazienza! Si potrebbe quasi giurare che è un angelo di Dio. Molto più che quella canaglia di mio marito che dice improperi ogni volta che va dal parruccaio.

Figura 29. Il mercante di abiti usati, Le marchand d’habits. Le Charivari, 14 Febbraio 1842. “Vestiti in vendita! … hai cappelli, scarpe, vestiti vecchi da vendere?” Questo commercio fiorì soprattutto durante il carnevale e nelle vicinanze dei collegi medici e giuridici. Gli studenti sono felici di vendere il loro guardaroba per permettersi un costume da portuale, una compagna, un bicchiere di champagne e visite illimitate ai cancan.

Figura 30. L’anziano negoziante, L’ancien négociant. Le Charivari, 20 Febbraio 1842. “Non conosco questa firma”. “Ma è mia”. “Può essere, ma non lo so”. “Già fondatore di diverse banche … di banche famose, mi sono ritirato dal lavoro e ho messo la mia firma… per sostenere l’industria (rapina)”.

Figura 31. Il cavaliere dello sperone d’oro, Le chevalier de l’eperon d’or. Le Charivari, 27 Febbraio 1842. Autonominatosi ex colonnello delle guardie di sua Santità, da allora è stato sostenitore del principe di Monaco, aspettando per i suoi servigi un posto importante nel governo. Comunque, avrebbe volentieri accettato un posto nei servizi di pulizia del deposito di tabacco. Coraggioso come ogni cavaliere del suo ordine… sempre pronto a scusarsi quando lo si guarda negli occhi.

Figura 32. Un membro di tutte le Accademie, Le membre de toutes les Académies. Le Charivari, 6 Marzo 1842.

Figura 33. L’amico di un grande uomo, L’ami d’un grand homme. Le Charivari, 20 Marzo 1842.

Figura 34. Commedianti di provincia, Les comédiens de province. Le Charivari, 16 Marzo 1842.

Figura 35. L’ex colonello, L’ex colonel. Le Charivari, 17 Aprile 1842.

 

 

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