L’inevitabile futuro social-democratico degli USA

 

 

La domanda che emerge dalla società civile, l’offerta tecnocratica e la graduale crescita della ricchezza nazionale condurranno gli Stati Uniti ad un futuro socialdemocratico. Questo il pensiero di Lane Kenworthy, professore di Sociologia e Scienze Politiche presso l’Università dell’Arizona, autore di un articolo apparso sul numero di gennaio-febbraio della rivista americana Foreign Affairs. Democrazia Pura propone un breve commento e la traduzione integrale dell’articolo.

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Si propone un breve commento e la traduzione integrale di un articolo che verrà pubblicato sul numero di gennaio-febbraio della rivista americana Foreign Affairs, “America’s Social Democratic Future”, il cui testo originale in lingua è liberamente consultabile. L’autore, Lane Kenworthy, insegna Sociologia e Scienze Politiche presso l’Università dell’Arizona. Il testo pubblicato sulla rivista è tratto dal suo ultimo libro, “Social democratic America” (Oxford University Press, 2014).

Il successo della riforma sanitaria di Obama non rappresenterebbe un balzo verso il socialismo, né il suo fallimento significherebbe la fine del liberalismo. Invece la riforma Obama rappresenta un ulteriore passo nel lungo viaggio che gli Stati Uniti stanno compiendo per evolversi da stato liberale classico ad una versione tipicamente americana di socialdemocrazia. Questo il pensiero  dell’autore che predice per gli Stati Uniti un ineluttabile e sostanziale ampliamento del  sistema di garanzie sociali ed economiche rivolte agli strati più deboli della popolazione. Questo anche l’orientamento di Barack Obama che appare ben evidente dalle dichiarazioni rilasciate alla stampa in diverse occasioni e anche da alcuni primi passi concreti come l’incremento del salario minimo per i dipendenti federali. Che poi una politica sociale più attenta all’equità sia definita “socialdemocratica” o “democratica” è questione lessicale e non semantica.

Obama - CopiaSorprende, per l’idea che in genere gli europei hanno degli Stati Uniti, il numero e la portata dei programmi di assistenza sociale ed economica già attuati in quel Paese. Ciononostante un parte troppo ampia della popolazione ne rimane esclusa. Sulla base di quanto accaduto in America nell’ultimo secolo Lane Kenworthy  prevede un ulteriore ineluttabile ampliamento dello stato sociale. Ed avanza delle proposte, dal costo complessivo di 1,5 miliardi di dollari, assolutamente sostenibili perché finanziabili con aumento del debito pubblico americano dal 37% al 47% del PIL, un livello comunque inferiore a quello della maggior parte dei Paesi occidentali. Le risorse necessarie potrebbero essere reperite da un incremento della pressione fiscale che passa attraverso l’introduzione di una nuova tassa sui consumi pari al 12% (che da sola produrrebbe un’entrata fiscale pari al 5% del PIL), l’aumento al 37% dell’aliquota fiscale sul reddito per l’uno percento più ricco della popolazione ed altre misure.

Le proposte di finanziamento riportate nell’articolo offrono la misura di quanto il nostro enorme debito pubblico ed il nostro già elevato carico fiscale blocchino qualsiasi politica espansiva e sociale in Italia. Il nostro debito pubblico è pari a circa il 130% del PIL, un livello enormemente superiore a quello che gli Stati Uniti raggiungerebbero qualora decidessero di ampliare il loro Stato sociale. In Italia inoltre il carico fiscale è già ben al di sopra di quello che gli Stati Uniti raggiungerebbero introducendo nuove tasse sui consumi (la nostra IVA) e aumentando quelle sui redditi (la nostra IRPEF).  Nel nostro Paese quindi il mantenimento dello stato sociale è legato necessariamente ad un aumento consistente della ricchezza prodotta e al recupero reale dell’evasione fiscale. Nel complesso tre sembrano le leve decisive: l’emersione del lavoro nero nel settore privato di  vaste aree del territorio italiano (che non sono solo le aree dominate dalla malavita organizzata ma anche alcuni distretti industriali del centro e del nord); la eliminazione di sprechi ed inefficienze nel settore pubblico (che non solo sono motivo di aggravio della spesa pubblica ma rappresentano un ostacolo allo sviluppo economico); la liberalizzazione dell’economia e la riforma del mercato in senso veramente concorrenziale. I primi due meccanismi richiedono riforme strutturali che necessitano di tempi non brevi per produrre risultati. L’unica leva che nell’immediato risulta utilizzabile è la liberalizzazione di una economia che in Italia, più che altrove, risulta soffocata da rendite di posizione, lobbies, gruppi di potere che gestiscono ampi e numerosi settori in regime di oligopolio, posizioni dominanti illegittime e incompatibili con una moderna economia di mercato. Una riforma per liberalizzare l’economia non necessita di tempo e darebbe risultati immediati ma richiede una grande forza politica.

 

Il futuro socialdemocratico dell’America

Il corso della politica è lungo ma tende alla giustizia

Lane Kenworthy

Foreign Affairs, January/February 2014


Dal marzo 2010, quando il presidente degli Stati Uniti Barack Obama ha firmato la Affordable Care Act (Documento sulla assistenza sostenibile) trasformandola in legge, l’ACA è stata al centro del dibattito politico americano. Gli attivisti dei Tea Party ed i loro alleati nel Partito Repubblicano hanno cercato di ostacolare la legge in modo pressoché continuo. La Camera dei Rappresentanti, controllata dai repubblicani,  ha votato più di 40 volte a favore dell’abrogazione o del blocco dei fondi e lo scorso ottobre la Camera ha lasciato che avvenisse una parziale chiusura dell’attività governativa federale (shutdown) nel tentativo di bloccare o ritardare la legge. La controversia intorno all’ACA non mostra alcun segno di finire in tempi brevi.

La Riforma Obama (Obamacare, nel testo originale), come la legge è comunemente nota, è la più significativa riforma del sistema sanitario degli Stati Uniti dell’ultimo mezzo secolo. Ha lo scopo di aumentare la quota di americani che possano fruire dell’assicurazione sanitaria, di migliorare la qualità dei programmi  di assistenza e di rallentare la crescita della spesa sanitaria. Ma la battaglia sulla legge travalica la semplice politica sanitaria e l’asprezza del conflitto è determinata da qualcosa che supera la semplice partigianeria. La Riforma Obama è diventata il campo di battaglia principale di una guerra in corso tra liberali e conservatori sul ruolo e la funzione del governo degli Stati Uniti, un conflitto le cui origini risalgono alla Grande Depressione e al New Deal.

Coloro che si opposero alle innovazioni del presidente Franklin Roosevelt si zittirono quando le riforme del New Deal furono implementate durante gli anni di Truman e Eisenhower e lo stato sociale degli Stati Uniti poté compiere un ulteriore balzo in avanti sotto Lyndon Johnson, la cui agenda denominata “Grande Società” ampliò il sostegno pubblico ai poveri e creò programmi di assicurazione sanitaria Medicare e Medicaid gestiti dal governo (che assistono con fondi federali rispettivamente gli anziani e i disabili, ndt). I decenni successivi comunque videro pochi progressi importanti e alcune battute d’arresto di rilievo, tra le quali il fallimento della riforma sanitaria del presidente Bill Clinton nel 1994.

L’approvazione della Riforma Obama ha provocato tante polemiche in parte perché sembra indicare una nuova fase di attivismo del governo e questo porta alcuni conservatori ad opporsi come fosse una svolta a sinistra decisiva e forse definitiva. “Proprio perché l’Affordable Care Act è la realizzazione di un sogno liberale lungo mezzo secolo”, ha scritto di recente su The Weekly Standard il commentatore conservatore Peter Wehner “il suo fallimento sarà un colpo mortale non solo per Barack Obama ma per liberalismo americano stesso. Perché? Perché la Riforma Obama è per molti versi l’avatar, l’archetipo, del liberalismo moderno. E questo è vero in termini assoluti tanto sta crescendo la sua fiducia nelle soluzioni tecnocratiche, la sua ambizione di centralizzazione delle decisioni e la sua convinzione che il governo sia il giudice migliore”.

Gli oppositori della socialdemocrazia in stile americano stanno combattendo una battaglia persa.

02 Svolta a sinistraQueste argomentazioni apocalittiche esagerano notevolmente il significato concreto della Riforma Obama. E offuscano anche l’aspetto più interessante, cioè che l’ACA rappresenta un  passo ulteriore di un lungo, lento ma costante cammino che dallo stato capitalista liberale classico si dirige verso una versione tipicamente americana di socialdemocrazia. A differenza, per esempio, che nel nord Europa, dove la socialdemocrazia è stata implementata deliberatamente ed estesamente nel corso degli anni da movimenti politici ideologicamente consapevoli, negli Stati Uniti una rete di sicurezza sociale più modesta ed irregolare è stata messa in piedi da politici pragmatici e tecnocrati per affrontare i singoli problemi. Potenti forze continueranno a combattere questi sforzi e le conseguenti politiche di assistenza sociale emergeranno più gradualmente ed in misura meno universale, meno efficiente e meno efficace di quanto avverrebbe altrimenti. Ma gli oppositori stanno combattendo una battaglia persa e possono soltanto rallentare e falsare l’esito finale ma non possono evitarlo. In virtù della combinazione della domanda popolare, dell’offerta tecnocratica e della graduale crescita della ricchezza nazionale, il futuro degli Stati Uniti sarà socialdemocratico.


I modelli nordici

La socialdemocrazia nasce all’inizio del XX secolo come strategia per migliorare il capitalismo piuttosto che per sostituirlo. Oggi, le persone generalmente la associano ai partiti socialdemocratici europei e alle politiche che essi hanno messo in atto in particolare nei Paesi nordici come la Danimarca e la Svezia. Nel corso del prossimo mezzo secolo, i programmi sociali proposti dal governo federale degli Stati Uniti somiglieranno sempre più a quelli offerti in tali Paesi.

Questa previsione assume oggi un significato molto diverso di quello che avrebbe avuto una generazione fa , quando l’etichetta “socialdemocratica” si riferiva in senso stretto alle politiche che resero più facile per le persone sopravvivere senza dover dipendere dal reddito da lavoro. Negli anni 1960 e 1970 la pratica della socialdemocrazia significava soprattutto il mantenimento di una grande rete di assistenza pubblica. Oggi questa è una concezione troppo angusta. Negli ultimi decenni, i Paesi nordici hanno attuato generosi programmi sociali con servizi volti a favorire l’occupazione e a migliorare la produttività: un’assistenza all’infanzia e all’età prescolare finanziata con fondi pubblici, programmi di formazione e di collocamento al lavoro, progetti infrastrutturali importanti, azioni di sostegno ai privati nell’ambito della ricerca e dello sviluppo. Allo stesso tempo i governi nordici hanno adottato un approccio alla regolamentazione favorevole al mercato. Sebbene mantengano le norme finalizzate a proteggere i lavoratori, i consumatori e l’ambiente,  bilanciano quelle protezioni con un sistema che incoraggia l’impresa e la flessibilità, facilitando l’avvio e la chiusura dell’attività, l’assunzione e il licenziamento dei dipendenti, la regolamentazione dell’orario di lavoro.

Come sperimentato dai paesi nordici, la moderna socialdemocrazia si concretizza nella scelta di una politica di intervento estensivo del governo allo scopo di promuovere la sicurezza economica, ampliare le opportunità e garantire un crescente tenore di vita per tutti. Ma si propone di farlo salvaguardando la libertà economica, la flessibilità economica e la dinamica del mercato che sono stati i tratti a lungo tratti distintivi dell’economia degli Stati Uniti. L’esperienza dei paesi nordici dimostra che un governo può combinare con successo la flessibilità economica con la sicurezza economica e promuovere la giustizia sociale senza paralizzare la competizione. La moderna socialdemocrazia offre il meglio dei due mondi.

Eppure, l’idea che gli Stati Uniti possano aumentare ulteriormente la dimensione e la portata del proprio stato sociale potrebbe sembrare una negazione della realtà per la politica americana contemporanea. Ma si faccia un passo indietro e si consideri il lungo periodo. La lezione degli ultimi 100 anni è che, quando la ricchezza cresce negli Stati Uniti, gli americani diventano maggiormente disponibili a spendere di più per assicurarsi contro il rischio e per migliorare l’equità. I progressi nella politica sociale avvengono in maniera discontinua ma si realizzano. E quando arrivano, di solito durano nel tempo.

Questa tendenza è verosimile che continui. I politici americani sapranno riconoscere i vantaggi derivanti da una ruolo maggiore del governo nel perseguire la sicurezza economica, le pari opportunità e la crescita del tenore di vita e proveranno a condurre il Paese in quella direzione. Spesso, falliranno. Ma di quando in quando riusciranno. Il progresso verrà per aumento cumulativo, attraverso un percorso a singhiozzo, come accaduto in passato. I nuovi programmi e gli sviluppi di quelli esistenti tenderanno a persistere perché i programmi che funzionano bene diventano popolari e perché il processo decisionale degli Stati Uniti rende difficile l’opera di rimozione da parte degli oppositori. Piccoli passi e grandi balzi occasionali, associati a frenate limitate, avranno l’effetto cumulativo di aumentare in modo significativo l’ampiezza e la generosità dei programmi sociali del governo.

Questa non è una profezia sui tempi o le condizioni in cui si verificheranno particolari progressi politici. Si tratta di un’ipotesi basta su un’analisi di probabilità. Nel lungo periodo, nuovi programmi saranno saltuariamente implementati e quelle esistenti occasionalmente ampliati. Tali aggiunte ed espansioni è improbabile che siano rovesciate.


Le debolezze

Per comprendere la ragione per cui gli Stati Uniti sono sulla strada della socialdemocrazia, bisogna riconoscere che, sebbene siano un paese ricco – e nel prossimo mezzo secolo lo diventeranno ancora di più – essi tuttavia soffrono di rilevanti debolezze economiche. Si tratta di problemi profondi. Sebbene esacerbati dalla grande recessione e da una ripresa debole, essi sono antecedenti alle recenti difficoltà economiche del Paese.

La protezione sociale è compatibile con una moderna economia che metta al riparo dai rischi senza dover dipendere da ordinamenti soffocanti.

Un senzatetto nel National Mall di Washington. 3 Marzo 2013. Jonathan Ernst, Reuters
Un senzatetto nel National Mall di Washington, 3 Marzo 2013. Jonathan Ernst, Reuters.

Innanzitutto gli Stati Uniti non assicurano ai propri cittadini adeguate garanzie economiche. Troppi americani hanno redditi così bassi da dover lottare per far quadrare i conti: le 25 milioni di famiglie che si collocano nel quinto inferiore della scala dei redditi hanno un reddito medio di appena 18 mila dollari l’anno. Troppi americani conoscono ogni anno consistenti abbattimenti nel reddito: ogni anno, circa una famiglia americana su sette subisce un calo del reddito pari al 25 per cento o più. Troppi americani non hanno l’assistenza: anche quando la Riforma Obama sarà pienamente attuata, non avranno ancora copertura tra il cinque e il dieci per cento dei cittadini americani, una quota decisamente superiore a qualsiasi altra nazione ricca. Infine, troppi americani raggiungeranno  presto l’età pensionabile con pochi risparmi e pensioni inadeguate: il risparmio medio delle famiglie, in proporzione al reddito familiare disponibile, è sceso dal dieci per cento rilevato nel corso degli anni 1970 ad appena il tre per cento registrato durante il primo decennio di questo secolo, molti dipendenti con piani pensionistici di tipo contributivo contribuiscono molto poco o incassano in anticipo e lo scoppio della bolla immobiliare ha depauperato l’unico bene di molti proprietari di casa appartenenti alla classe media.

In secondo luogo, il paese sta mancando la sua promessa di pari opportunità. La maggior parte delle donne e molti afro-americani ora hanno molte più possibilità di ottenere una educazione avanzata e di progredire nel mercato del lavoro rispetto alle omologhe categorie di una generazione fa. Ma la storia per gli americani che crescono in povertà è molto meno incoraggiante. Tra i paesi ricchi i cui dati sono disponibili, gli Stati Uniti hanno uno dei più bassi livelli di mobilità nell’ambito del guadagno intergenerazionale. Un americano nato in una famiglia collocata nel quinto inferiore della scala del reddito tra la metà del 1960 e la metà degli anni 1980 ha una probabilità pari a circa il 30 per cento di raggiungere il quinto centrale o quello superiore in età adulta, mentre un americano nato nel quinto superiore ha un 80 per cento possibilità di finire nel quinto medio o superiore. Inoltre, negli ultimi decenni si sono osservati forti aumenti nel divario tra bambini provenienti da famiglie a basso reddito e quelli provenienti da famiglie ad alto reddito in termini di risultati nei  test scolastici e di tasso di completamento dell’istruzione nei College. E lo stesso sarà probabilmente vero in termini di guadagno e reddito quando raggiungeranno l’età adulta .

In terzo luogo, troppo pochi americani hanno condiviso la prosperità di cui il loro paese ha goduto negli ultimi decenni. In una società sana, coloro che si collocano al centro e in basso dovrebbe beneficiare in modo significativo dalla crescita economica. Quando il paese prospera, tutti dovrebbero prosperare. Ma dal 1970, nonostante una crescita sostenuta dell’economia, i redditi delle famiglie medie e inferiori sono aumentati molto lentamente rispetto a quelli delle famiglie collocate in alto. Secondo i calcoli del Congressional Budget Office che tengono conto dell’inflazione, il reddito medio delle famiglie collocate nell’uno percento più ricco è salito da 350 mila dollari nel 1979 a $ 1,3 milioni nel 2007. Per le famiglie collocate nel 60 percento inferiore, l’aumento è stato piuttosto modesto: da $ 30.000 a $ 37.000.

Questi insuccessi sono in parte legati ai mutamenti dell’economia globale e in particolare alla crescente concorrenza affrontata dalle imprese statunitensi. Le aziende americane che vendono beni o servizi sui mercati internazionali si confrontano con rivali stranieri che sono molto più abili che in passato. Le industrie nazionali devono inoltre fronteggiare una maggiore concorrenza derivante dai progressi tecnologici, dalla riduzione dei costi di fabbricazione e trasporto e dalle liberalizzazioni che hanno ridotto le barriere in entrata. Inoltre gli azionisti ora vogliono un apprezzamento rapido dei valori azionari. Mentre una  generazione fa coloro che investivano in una società si accontentavano  di un consistente pagamento di dividendi e di un qualche incremento del valore azionario, ora chiedono profitti trimestrali sostenuti e una crescita costante.

Questi cambiamenti hanno portato benefici agli investitori, ai consumatori e a una parte dei dipendenti. Ma incoraggiano le imprese ad opporsi agli aumenti salariali, a ridurre i piani di assicurazione sanitaria, a tagliare i contributi versati per le pensioni dei dipendenti, a trasferirsi all’estero, a ridimensionare il personale e a sostituire i dipendenti fissi con avventizi o computer. Tali strategie di abbattimento dei costi finiscono per indebolire la sicurezza economica, limitando le opportunità per la manodopera meno qualificata e riducendo la crescita del reddito per molti americani comuni, tendenze queste destinate certamente a continuare nel prossimo futuro. Nei prossimi decenni, un numero maggiore di americani perderà il lavoro, lavorerà a lungo senza un aumento di stipendio, lavorerà a tempo parziale o con orari irregolari e dovrà fare a meno di un piano pensionistico o di un’assicurazione sanitaria finanziati dal datore di lavoro.

Alcuni ritengono che il modo migliore di fronteggiare gli stress e le tensioni della nuova economia sia quello di rafforzare le famiglie, le organizzazioni civili o i sindacati. Questi sono obiettivi lodevoli. Ma queste istituzioni sono in via di disfacendo nel corso dell’ultimo mezzo secolo e, sebbene i sostenitori della loro rivitalizzazione offrano grandi speranze, essi possono mostrare in realtà  scarse prove di successo.

Una corrente di pensiero influente a Washington propende per una diversa soluzione: ridimensionare il ruolo del governo federale. In questa ottica la riduzione delle tasse e della spesa pubblica migliorerà l’efficienza, limiterà gli sprechi e permetterà di aumentare gli incentivi per gli investimenti, l’imprenditoria e il duro lavoro, portando ad una crescita economica più rapida. Ma questo approccio si basa sull’idea sbagliata che la crescita del pubblico limita quella del settore privato. Nel corso del secolo scorso, gli Stati Uniti hanno gradualmente ampliato la spesa pubblica, dal 12 per cento del Pil nel 1920 al 37 per cento nel 2007. Durante tutto questo periodo, il tasso di crescita del Paese è rimasto straordinariamente stabile. Un’ulteriore prova viene dall’estero: nell’ambito dei Paesi ricchi, quelli con imposte e spesa pubblica maggiori mostrano una tendenza di crescita altrettanto rapida di quelli con spesa pubblica minore. Inoltre, anche se il taglio delle tasse e la riduzione della spesa federale avessero prodotto una crescita più rapida, il risultato ottenuto  negli ultimi decenni suggerisce che troppo poco di questa crescita andrebbe a beneficio degli americani collocati nelle fasce intermedie o inferiori.

Un’altra possibile risposta a questo stato di cose è quella di prenderla con filosofia. In questa ottica, c’è poco da fare per calmierare gli effetti negativi della moderna economia moderna e quindi la linea di condotta più saggia per l’americano medio è quella di adeguare le proprie aspettative e tirare avanti. Ma gli Stati Uniti possono fare meglio di questo e il modo più adeguato per affrontare le insufficienze socio-economiche del Paese è quello di estendere l’assistenza pubblica.


Rischi e benefici

La maggior parte di quello che gli studiosi di scienze sociali chiamano “politica sociale” è in realtà l’assistenza pubblica. La Social Security e Medicare assicurano gli individui contro il rischio di avere pochi soldi o nessun soldo dopo il pensionamento. L’indennità di disoccupazione assicura le persone contro il rischio di perdere il lavoro. I programmi di sostegno economico alla disabilità assicurano gli individui contro il rischio di dover subire condizioni fisiche, mentali o psicologiche che li rendano incapaci di guadagnarsi da vivere.

Nel lungo periodo, il GOP (da Grand Old Party, definizione del Partito repubblicano americano, ndt) arriverà ad assomigliare a partiti di centro-destra in Europa occidentale.

Anche altri sussidi e servizi pubblici statunitensi e benefici sono programmi di assistenza, sebbene le persone di solito non ne abbiano consapevolezza. Le scuole pubbliche assicurano contro il rischio che le scuole private non siano accessibili oppure siano troppo costose o di bassa qualità. La riqualificazione ed i programmi di ricollocamento al lavoro assicurano contro il rischio che le condizioni di mercato  renderanno difficile trovare lavoro. L’Earned Income Tax Credit (riduzione del carico fiscale per i lavoratori “poveri” come strumento di sostegno del reddito, ndt) assicura contro il rischio che il proprio posto di lavoro sarà meno remunerativo rispetto a quanto sia necessario per ottenere uno standard minimamente decente di vita. Programmi di assistenza sociale, come i buoni pasto e l’assistenza temporanea alle famiglie bisognose, assicurano contro il rischio di non riuscire a trovare un lavoro e non si abbia diritto all’indennità di disoccupazione e invalidità.

Nel secolo scorso, gli Stati Uniti, come altri paesi ricchi, hanno creato una serie di programmi di assistenza pubblica. Ma per ottenere una vera sicurezza economica, le pari opportunità e un benessere equo  nella nuova economia, per il prossimo mezzo secolo il governo federale dovrà espandere notevolmente l’ampiezza e la portata dei programmi sociali già esistenti e introdurne di nuovi.

Il governo potrebbe aiutare le famiglie americane a basso reddito con uno o più adulti occupati, attraverso l’aumento del salario minimo legale e la sua indicizzazione sull’inflazione o attraverso l’estensione dei vantaggi offerti dal Earned Income Tax Credit, in particolare alle famiglie senza figli, per le quali attualmente il credito di imposta è molto modesto. Per le famiglie in cui nessuno è occupato la soluzione è più complicata. Quelli che possono stare nel mercato del lavoro devono essere aiutato e spinti e questo richiederà una estesa assistenza individualizzata. Il governo federale dovrebbe anche aumentare i livelli di sussidi e servizi ed ampliare i criteri di accesso ai suoi programmi di assistenza sociale più importanti: l’assistenza temporanea alle famiglie bisognose, l’assistenza generale, buoni pasto, le politiche di assistenza per l’alloggio e i consumi energetici.

Diverse iniziative potrebbero contribuire a ridurre l’impatto di abbattimenti di reddito di notevoli proporzioni e non voluti: l’assicurazione pubblica di malattia, il congedo parentale retribuito e un allargamento dell’accesso all’indennità di disoccupazione. Attualmente, quasi un terzo dei lavoratori americani non ottengono congedi di malattia, la legge degli Stati Uniti concede solo 12 settimane di congedo parentale non retribuito e solo il 40 per cento degli americani disoccupati possiede i requisiti per l’indennità di disoccupazione. Gli Stati Uniti inoltre dovrebbero trarre vantaggio da un programma di assistenza salariale. Per gli americani che vengono licenziati e non riescono a trovare un lavoro remunerativo come il precedente, l’assistenza salariale dovrebbe per un anno o due colmare la metà del divario tra la precedente e la nuova retribuzione.

Sotto il profilo dell’aumento dei redditi delle famiglie povere con figli, un aumento del Child Tax Credit (credito di imposta per figli) potrebbe contribuire a invertire il crescente divario nella  disuguaglianza delle opportunità. La scuola aiuta a compensare il divario di capacità che deriva dalle differenze familiari e ambientali. Abbassare l’età di ingresso dei bambini alla scuola potrebbe ridurre le disparità che esistono quando entrano nella scuola materna. Infatti, alcuni analisti hanno concluso che l’impatto maggiore della scuola si ha durante gli anni di frequenza negli Asili nido.

Per gli anziani, un’utile integrazione della rete di assistenza degli Stati Uniti sarebbe un piano pensionistico di contribuzione supplementare fissa con iscrizione automatica. I datori di lavoro che hanno già un programma potrebbero continuare ma dovrebbero iscrivere automaticamente tutti i dipendenti e detrarre una parte dei loro guadagni a meno che il dipendente non scelga diversamente. I dipendenti senza un programma del datore di lavoro verrebbero automaticamente iscritti nel nuovo fondo pensione generale e i lavoratori i cui datori di lavoro non hanno adeguato i contributi accederebbero alla perequazione governativa.

Il profilo ultimo del mosaico della sicurezza economica prenderebbe la forma di un aumento della spesa federale per l’assistenza pubblica ai bambini, le opere pubbliche, l’assistenza sanitaria e di regole federali che dispongano più ferie e più vacanze per i lavoratori. Tali cambiamenti potrebbero aumentare la qualità di vita di tutti gli americani e liberare il loro reddito per l’acquisto di altri beni e servizi.

Che dire su un benessere che sia equo? Il modo migliore per garantire che i redditi familiari aumentino in sincronia con l’economia sarebbe quello di ottenere aumenti salariali ed occupazionali per le fasce intermedie e inferiori. Tenendo conto dell’inflazione, i salari degli americani comuni  non sono aumentati dalla metà degli anni 1970 e il tasso di occupazione è più basso di quanto lo fosse nel 2000. I politici dovrebbero anche pensare ad una cura di assistenza pubblica: non solo aumentare i sussidi del Earned Income Tax Credit ma offrire sostegno al reddito medio e indicizzarlo sul PIL pro capite.

04 Social Democratic AmericaNaturalmente, la spesa per l’assistenza ha un prezzo. Gli americani dovranno pagare più tasse. Inoltre, l’esistenza di programmi di assistenza può incoraggiare le persone a compiere scelte più rischiose o a sottrarsi all’impiego. Tuttavia, l’assistenza ha i suoi vantaggi economici. Una migliore istruzione ed una maggiore assistenza sanitaria aumenta la produttività. Una rete di protezione dal fallimento incoraggia l’imprenditorialità. L’indennità di disoccupazione incoraggia una maggiore mobilità della forza lavoro e rende più facile per i lavoratori migliorare le proprie capacità. Programmi come il Child Tax Credit e l’Earned Income Tax Credit migliorano le prospettive educative ed economiche dei bambini che crescono in famiglie povere. E, soprattutto, l’assistenza sociale consente una economia moderna che copra i rischi senza affidarsi a normative soffocanti che specificano cosa le aziende possono e non possono fare.

L’esperienza dei Paesi ricchi del mondo nel secolo scorso dovrebbe fugare il timore che la crescita delle dimensioni e della portata dei programmi sociali pubblici possa indebolire l’economia americana. Vi è sicuramente un livello oltre il quale la spesa sociale pubblica danneggia la crescita economica. Ma l’evidenza mostra che gli Stati Uniti non hanno ancora raggiunto quella soglia. In realtà, il Paese è con tutta probabilità ancora ben al di sotto di tale soglia.


Grande prezzo, ricavo maggiore

Alcuni osservatori, anche di sinistra, sono preoccupati dall’attuazione di politiche in stile nordico – che si sono succedute nel contesto dei Paesi piccoli e relativamente omogenei – in una Nazione grande e differenziata come gli Stati Uniti. Eppure avanzare verso la socialdemocrazia significa negli Stati Uniti chiedere per lo più al governo federale di fare di più di quello che già fa. Non richiederebbe una trasformazione verso un contratto sociale qualitativamente diverso.

Ma gli Stati Uniti possono permettersi la socialdemocrazia? Sebbene il costo aggiunto per creare nuovi programmi e ampliare quelli prima descritti pur mantenendo la Social Security e Medicare dipenderà dall’esatta portata e dalla generosità dei programmi, una stima approssimativa dei costi è pari ad un ulteriore dieci per cento del Pil degli Stati Uniti ovvero intorno agli 1,5  miliardi di dollari (una recessione economica come quella catalizzata dalla crisi finanziaria del 2008 tende a distorcere il PIL e le cifre delle entrate fiscali e quindi è meglio usare i dati del 2007, l’anno di massimo livello del ciclo economico precedente il crollo). Se il dieci per cento del PIL suona imponente, ci si ricordi di due cose: in primo luogo, se la spesa pubblica degli Stati Uniti fosse aumentata dal 37 per cento del PIL  (il livello del 2007) a circa il 47 per cento, questo collocherebbe gli Stati Uniti solo pochi punti percentuali al di sopra del livello abituale delle nazioni ricche del mondo. In secondo luogo, un aumento della spesa pubblica del dieci per cento di PIL, sarebbe comunque di gran lunga inferiore all’aumento di circa il 25 per cento che si è verificato dal 1920 ad oggi.

Dal punto di vista tecnico, la revisione dei meccanismi di tassazione per raccogliere fondi supplementari sarebbe relativamente semplice. Il primo e più importante passo sarebbe quello di introdurre una tassa sui consumi nazionali sotto forma di imposta sul valore aggiunto (IVA) che il governo dovrebbe riscuotere per beni e servizi in ogni fase della loro produzione e distribuzione. Le analisi condotte da Robert Barro, Alan Krueger e altri economisti suggeriscono che un valore di IVA pari al 12 per cento, con deroghe limitate, dovrebbe verosimilmente procurare un’entrata pari a circa il cinque per cento del PIL – la metà della somma necessaria a finanziare gli ampliamenti di assistenza sociale qui proposti.

Puntare fortemente su una tassa sui consumi è un anatema per alcuni progressisti che ritengono che le entrate fiscali supplementari debbano venire soprattutto – e forse interamente – dalle famiglie più ricche. Washington, tuttavia, non può realisticamente spremere un ulteriore dieci per cento di PIL in entrate fiscali che gravino esclusivamente sui ceti più ricchi, sebbene siano i benestanti che stanno ricevendo una quota sempre crescente di reddito lordo del Paese. Dal 1960, l’aliquota media reale dei contributi federali (versamenti fiscali destinati al governo federale come quota del reddito lordo) pagata dal cinque per cento delle famiglie più ricche non ha mai superato il 37 per cento e, negli ultimi anni, si è attestata intorno al 29 per cento. Per raccogliere un ulteriore dieci per cento di PIL  esclusivamente dalle entrate fiscali di questo gruppo, quella aliquota effettiva dovrebbe aumentare al 67 per cento. Desiderabile o meno un aumento di questa portata, esso non trova il favore dei politici.

Un mix di ulteriori modifiche del sistema fiscale potrebbe generare un ulteriore cinque per cento del PIL di entrate fiscali: un ritorno alle aliquote federali di imposta sul reddito in vigore prima dell’amministrazione del presidente George W. Bush, un aumento della tassa federale media reale a circa il 37 per cento per l’uno per cento di contribuenti più ricchi, la soppressione delle detrazioni fiscali per gli interessi pagati sui mutui ipotecari, nuove tasse sulle emissioni di anidride carbonica e le transazioni finanziarie, un aumento dell’imposta sui guadagni destinata all’assistenza sociale e un aumento di un punto percentuale del tasso di imposta sui salari.


Rallentatori di velocità non blocchi stradali

Queste riforme fiscali e questi programmi di assistenza sociale sostenibili non arriveranno tutti in una volta. Sarà un processo lento, in parte a causa di una serie di ostacoli che le idee socialdemocratiche di sicuro dovranno affrontare. Ma nessuno degli ostacoli rischia verosimilmente di rivelarsi insormontabile.

Un problema di base, i critici potrebbero stigmatizzare, è rappresentato dal fatto che gli americani non sono troppo indulgenti verso una concezione di governo federale forte. Sebbene questo sia vero in linea di principio, quando si tratta di programmi governativi specifici gli americani tendono ad esserne forti sostenitori. Così, secondo il National Opinion Research Center General Social Survey, dal 1970 la grande maggioranza degli americani – sempre oltre l’80 per cento e spesso più del 90 per cento – si sono detti convinti che il governo spenda correntemente la giusta quantità o meno per l’assistenza ai poveri, il potenziamento del sistema educativo nazionale, il miglioramento e la tutela della salute e il finanziamento della previdenza sociale.

Gli scettici potrebbero anche osservare che l’espansione dei programmi sociali dipenderà dal  successo elettorale dai democratici ed è possibile che le fortune del Partito Democratico siano destinate a declinare. I democratici hanno perso il sostegno dei bianchi appartenenti alla classe operaia, uno dei pilastri principali  della coalizione del New Deal che ha dominato la politica degli Stati Uniti dal 1930 agli anni 1970. Finora i candidati democratici alle elezioni presidenziali e congressuali hanno ovviato con una nuova base elettorale cittadina fatta di professionisti, donne, afroamericani e latini. Il fiume di denaro privato nelle campagne elettorali, incoraggiato da una sentenza del 2010 della Corte Suprema, potrebbe danneggiare i democratici nella raccolta di fondi. Ma i contributi elettorali privati ​​sono cresciuti in importanza per diversi decenni e finora i democratici sono riusciti a tenere il passo. E sebbene i fattori demografici, le coalizioni elettorali e il finanziamento di certo contano, lo stato dell’economia tende ad essere il determinante principale del risultato nelle elezioni nazionali. Se i democratici riescono a gestire ragionevolmente bene l’economia quando sono al potere è probabile che rimangano competitivi dal punto di vista elettorale.

Un altro potenziale ostacolo è lo spostamento a destra nell’equilibrio di potere che coinvolge gli interessi organizzati posti fuori l’arena elettorale ma che esercitano un’influenza decisiva sulla definizione delle politiche. Dal 1970 il mondo degli affari e gli ambienti benestanti si sono mobilitati mentre il movimento operaio ha visto diminuire costantemente le proprie adesioni. Eppure questo cambiamento è riuscito solo a rallentare, non a fermare l’avanzamento di una politica sociale progressista.

L’ultimo potenziale ostacolo alla socialdemocrazia americana è la struttura del sistema politico degli Stati Uniti, dove è relativamente facile impedire i cambiamenti politici attraverso veti e manovre congressuali. Dato questo sistema, il tipo di ostruzionismo disciplinato mostrato dai repubblicani del Congresso durante il mandato di Obama potrebbe sicuramente minacciare la marcia in avanti dell’assistenza pubblica. Prima o poi, però, i leader repubblicani volteranno le spalle all’atteggiamento rigorosamente antigovernativo che ha modellato la strategia e la tattica del partito negli ultimi anni. Nel lungo periodo, il centro di gravità nel partito repubblicano si sposterà e il GOP arriverà ad assomigliare ai partiti di centro-destra dell’Europa occidentale, la maggior parte dei quali accettano un generoso welfare state e tasse relativamente elevate.

Tre elementi potrebbero potenzialmente innescare un tale cambiamento. Il primo è la sconfitta di un candidato repubblicano molto conservatore ad elezioni presidenziali altrimenti vinte. Se il partito dovesse candidare nel 2016 o nel 2020 un esponente della fazione di estrema destra ultraliberista, quel candidato perderebbe quasi certamente e questo richiederebbe un assestamento verso il centro. Un altro fattore che favorisce la moderazione repubblicana è la crescente importanza dei bianchi della classe operaia all’interno del partito. Di recente dall’area di centro-destra sono emerse diverse voci riflessive e importanti, come David Brooks, Ross Douthat, David Frum, Charles Murray, Ramesh Ponnuru, e Reihan Salam, che hanno notato come i bianchi della classe operaia stanno lottando economicamente e potrebbero beneficiare di un sostegno governativo. Per rafforzare il consenso elettorale all’interno di questo gruppo, i massimi dirigenti repubblicani arriveranno a favorire – o almeno a non opporsi – l’ampliamento di programmi come il Child Tax Credit, l’istruzione di base, l’Earned Income Tax Credit, l’assistenza sociale ed anche Medicare e Medicaid.

Forse la cosa più importante è che i pensatori illuminati della destra alla fine si renderanno conto che, data l’aspirazione degli americani alla sicurezza economica e all’equità, la questione non è se il governo debba intervenire ma come dovrebbe farlo. L’ampliamento dei programmi sociali non implica necessariamente una maggiore ingerenza del governo sul mercato né significa divenire meno concorrenziali. Anche in questo caso, i paesi nordici possono mostrare la strada. La conservatrice Heritage Foundation collabora con The Wall Street Journal in un progetto che misura i Paesi sulla base di dieci dimensioni relative alla libertà economica. Sebbene gli Stati Uniti abbiano meno tasse e una spesa pubblica inferiore a quello dei paesi nordici, Danimarca, Finlandia e Svezia ottengono un punteggio migliore, in media, nelle altre otto misure, tra le quali il diritto di costituire e gestire un’impresa senza interferenze da parte dello Stato, il numero di barriere normative per importazioni ed esportazioni ed il numero di restrizioni al movimenti di capitali. Gli americani cercano protezione e sostegno. Per offrire queste cose, i politici devono scegliere tra l’assistenza pubblica e la regolamentazione ed i conservatori dovrebbero preferire la prima opzione.


L’America del ventunesimo secolo

Forse l’aspetto più importante da sottolineare sul futuro socialdemocratico degli Stati Uniti è che esso non sarà radicalmente diverso dal presente. Gli Stati Uniti non diverranno un’utopia progressista ma una versione migliore dello stato attuale.

Una quota maggiore di persone risulterà occupata anche se per molti la settimana lavorativa sarà più breve e non ci saranno più giorni festivi e di vacanza. Quasi tutti i posti di lavoro saranno nel settore dei servizi ed in particolare nell’insegnamento, nella comunicazione, nell’istruzione, nell’organizzazione, nella promozione, nell’assistenza infermieristica, nel controllo e nel trasporto; solo circa il cinque per cento sarà impiegato nell’industria e nell’agricoltura.

La maggior parte degli americani cambierà lavoro e professione più spesso di quanto non accada oggi. Un numero maggiore di americani sarà impiegato in lavori a bassa remuneratività, perderà il lavoro più di una volta nel corso della vita lavorativa e raggiungerà l’età pensionabile con pochi risparmi. Le famiglie, le organizzazioni sociali ed i sindacati potrebbero divenire ancora più deboli di quanto non siano adesso.

Ma, nonostante questi cambiamenti, colmando le lacune nella rete della sicurezza pubblica, il governo federale migliorerà la protezione economica, la parità di opportunità e l’equo benessere per la maggior parte degli americani. Un’America socialdemocratica sarà una società con maggiore sicurezza economica ed equità. La sua economia sarà flessibile, dinamica e innovativa. L’occupazione sarà elevata. La libertà ampia. Conciliare il lavoro con la famiglia diventerà più facile. Gli americani pagheranno tasse più alte di quelle attuali ma varrà la pena di questo sacrificio perché essi riceveranno molto in cambio.

Gli Stati Uniti hanno percorso una lunga tratto di strada per diventare una società sana ma devono arrivare ancora oltre. Fortunatamente, la loro storia e le esperienze di altre nazioni ricche mostrano la via da seguire. Una ragione per la quale gli Stati Uniti sono oggi un paese migliore di quanto fossero un secolo fa, è che il governo federale fa di più per garantire la sicurezza economica, la parità di opportunità e un benessere equo. In futuro lo farà ancor di più ed il Paese diventare ancora migliore.

 

Traduzione Carlo De Luca, Tivoli, 18 Gennaio 2014

 

 

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