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Sarebbe ingenuo ritenere che le gaffe di Donald Trump, le boutade di Salvini, le intemerate di Grillo siano espressioni di mera stravaganza. Tutt’al più legate ad una cultura “minima” che  ipersemplifica i problemi e di conseguenza banalizza le soluzioni. Si tratta, invece, di scelte comunicative precise e, spesso consapevolmente, lontane dalla realtà. Perché oggi, più di ieri, la politica non parla il linguaggio della verità ma quello della convenienza.

E allora torna utile riscoprire un concetto antico, quello della parresia, che forse è andato perduto nel corso dei secoli ma che in un passato sia pur lontano aveva trovato una sua precisa e strutturata connotazione. Da questo punto di vista è essenziale la ricerca di Michel Foucault1 che, come egli stesso ebbe a precisare, non riguarda l’analitica della verità ma la tradizione critica. Foucault non analizza i processi logici attraverso i quali identificare la verità ma «l’importanza del fatto di dire la verità, di conoscere la verità, di avere individui che dicono la verità, e di sapere come fare per riconoscerli». In sostanza la sua esplorazione a ritroso attraverso i sentieri antichi della filosofia greco-romana è finalizzata specificatamente alla ricostruzione di una «genealogia dell’atteggiamento critico» della cultura occidentale. Alla ricerca di Foucault si farà riferimento per una sintesi assolutamente soggettiva del concetto di parresia.


Definizione

La parresia (παρρησία) è l’esercizio della verità attraverso un linguaggio chiaro. Gli elementi distintivi sono di carattere verbale, semantico, sociale, morale:

La parresia così intesa costituisce l’esatto contrario del parlare a vanvera, l’aturoglossia o aturostomia, che non sa distinguere ciò che è vero dalla falsità e si caratterizza per l’arroganza e l’obiettivo esplicito di intervenire sulle emozioni del prossimo.


Origine

04 FocaultSecondo Foucault è Euripide che dal fondo culturale della Grecia classica estrae questa concezione e la definisce attraverso alcuni personaggi delle sue tragedie. In particolare nello Ione egli descrive due figure parresiastiche: lo stesso Ione e sua madre Creusa che, con ruoli diversi, contrastano sino a smascherare la menzogna pronunciata addirittura da Apollo. Ma mentre la figura di Ione serve a definire la parresia come diritto civile e politico che attribuisce la piena cittadinanza all’uomo, Creusa rappresenta specificatamente la volontà dell’uomo di affermare la verità. Ed ella  arriverà a maledire lo stesso dio per le menzogne raccontate. Altre figure parresiastiche sono rappresentate nelle Fenicie, in Ippolito, nelle Baccanti , nell’Elettra e in Oreste. Euripide non teorizza una nuova idea che invece è già presente nella cultura della Grecia classica ma la estrae da un fondo indistinto e la rende esplicita attraverso la descrizione-definizione dei tratti essenziali.

 

Percorsi evolutivi

Il concetto di parresia si evolve essenzialmente attraverso tre percorsi: politico (quando prevale la relazione pubblica con gli altri), sociale2 (quando prevale la relazione personale con gli altri), filosofico (quando prevale la relazione con se stessi).

Nell’Oreste di Euripide si ha la problematizzazione del concetto perché viene introdotta un’accezione negativa della parresia. La franchezza ed il coraggio non sono condizioni sufficienti a garantire che chi parla dice la verità. E’ necessaria la conoscenza e la saggezza. La democrazia ateniese si basava su alcuni libertà politiche: il diritto di parola (isegoria), il diritto di partecipazione all’esercizio del potere (isonomia), il diritto-dovere di dire la verità (parresia). Ma questi diritti entrano in contrasto  perché nel momento stesso in cui si concede a tutti di partecipare, si perde la garanzia che colui che parla stia veramente affermando la verità. Anzi, accade che l’oratore si adegui all’orientamento prevalente per avere il favore della maggioranza. In questo consisterebbe la crisi delle istituzioni democratiche nell’Atene del IV secolo. Un problema ancora attuale se si pensa alla questione dei rapporti tra democrazia, partecipazione e verità nell’era della comunicazione di massa.

L’altro aspetto della parresia greca riguarda la cura di sé. In questo ambito la ricerca della verità è un processo di introspezione attraverso il quale l’individuo mette a confronto il proprio pensiero razionale (logos) con il proprio stile di vita (bios) misurandone la distanza. Una concezione diversa dall’esame di coscienza e dalla confessione perché operante ad un livello razionale e non strettamente morale. La figura parresiastica per eccellenza, sotto un duplice profilo, è il Socrate narrato da Platone. Socrate pratica la parresia per sé ma ha la capacità di aiutare gli altri nella loro operazione di introspezione e può esercitare tale ruolo sociale proprio in virtù del fatto che non vi è scarto ma armonia tra quello che dice (e pensa) e quello che fa.

Jacques Louis David, La morte di Socrate, 1787.
Jacques Louis David, La morte di Socrate, 1787.

Platone pone infine la questione di come integrare la parresia politica, che riguarda la relazione logos-verità-nomos,  con quella filosofica, inerente il rapporto logos-verità-bios, la virtù morale con la verità filosofica. Perché, in tutta evidenza, esiste una relazione tra la parresia individuale, quella sociale e quella politica. Solo chi dice la verità per sé è in grado di aiutare gli altri e di consigliare soluzioni generali. Tale concezione unitaria è ben differente da quella attuale nella quale invece la parresia individuale può mancare del tutto senza che questo comprometta più di tanto la credibilità della parresia sociale e di quella politica (basti pensare al “fai quello che il prete dice e non quello che il prete fa” oppure a tutti i politici divorziati che sostengono il family day).

Nel mondo greco-romano i tre aspetti della parresia (che arbitrariamente sono stati definiti con i termini di filosofico, sociale e politico) seguiranno linee di sviluppo diverse. La scuola epicurea privilegerà in particolare l’aspetto sociale, anticipando anche in alcune forme (l’autocritica all’interno di un gruppo) le tecniche oggi utilizzate da alcune comunità di recupero. Il cinismo invece svilupperà in particolare la parresia filosofica, quella finalizzata all’edificazione della propria coscienza, anche se la tecnica utilizzata, l’ostentazione anche provocatoria della verità, sembra ben lontana dal metodo socratico (semmai, nella carica anti-istituzionale, anticipa certi aspetti del cristianesimo). Anche lo stoicismo si dedicherà in particolare alla cura di sé e alla parresia filosofica sebbene la pratica messa in atto, il confronto con l’amico parresiasta, lo condurrà ad entrare nella parresia politica (accade con Seneca che assume il ruolo di consigliere parresiasta dell’imperatore).


L’eclissi della parresia

Almeno nel testo analizzato, Foucault non parla espressamente di eclissi del concetto di parresia. Si “limita” a descrivere la sua comparsa nella letteratura greca (e specificatamente in Euripide), la sua introiezione nella filosofia classica (a partire da Socrate), i suoi sviluppi attraverso le scuole epicurea, cinica e stoica (ma il termine lo si può trovare anche nei testi della patristica) per fermarsi alle soglie del monachesimo cristiano.

Nel corso della ricostruzione Foucault opera spesso confronti tra i diversi elementi della parresia greco-romana ed analoghi aspetti del cristianesimo di cui comunque manca un’analisi strutturata. Certo sarebbe interessante analizzare come l’avvento del Cristianesimo abbia modificato i tre aspetti della parresia traducendoli, rispettivamente, in autocoscienza, confessione, profetismo. Inoltre, per quanto Focault ci tenga a precisare che logica e parresia siano due aspetti distinti della verità, non si può non ammettere che l’uno influenza l’altro. E di conseguenza il passaggio dalla verità cercata (attraverso la logica) alla verità riveata (da Dio) non può non avere sostanzialmente modificato il concetto di parresia e la figura del parresiasta.

Sebbene non venga esplicitamente dichiarato si intuisce che per Foucault il concetto di parresia subisce un’eclissi dopo uno sviluppo di dieci secoli (dal V secolo a.C. al V secolo d.C.). Questa è almeno l’interpretazione di alcuni autorevoli analisti. Così Umberto Galimberti si chiede «Chissà se abbiamo perso queste virtù perché abbiamo perso la parola “parresia”, o se abbiamo perso la parola perché non si riferiva più a nulla o a nessuno» ed aggiunge «Da noi ha fatto scuola l’Odissea con il resoconto delle mille astuzie del suo eroe, non L’apologia di Socrate con la parresia del suo nobile testimone»3.


Conclusioni

La ricostruzione operata da Foucault è una razionalizzazione a posteriori di processi mentali avvenuti secoli fa e le cui tracce sono parziali. Molti i rischi di queste operazioni. Compreso il fatto che potremmo essere noi contemporanei, sulla base della nostra sensibilità contingente, a stabilire nessi allora non operanti. Tuttavia la ricostruzione di Foucault ha una sua consistenza nella continuità temporale. Anche alcuni passaggi che potrebbero sembrare molto arditi, come quello che dalla parresia di una Creusa inventata da Euripide conduce al concetto di verità di un Socrate raccontato da Platone, trovano plausibilità nel fatto che Euripide e Socrate fossero contemporanei e che nella Atene del tempo fosse impensabile che non conoscessero l’uno le idee dell’altro. E d’altronde la consapevolezza dei rischi connessi a certe operazioni non possono esimerci dal tentare perché, come sosteneva Croce, «è evidente che solo un interesse per la vita presente ci può muovere a indagare un fatto passato»4.


Il gioco parresiastico

Si consenta ora di tornare al profano riprendendo l’introduzione del presente articolo. Sulle presunte gaffe che imperversano oggi sulla scena politica si vedano le acute osservazioni di Curzio Maltese5.

03 TrumpSi supponga ora di poter innescare i meccanismi di un gioco parresiastico applicato all’attualità politica. Propongo le mie conclusioni. Berlusconi è una rappresentazione dell’inganno così pervasiva da evocare la menzogna del dio Apollo nello Ione di Euripide. Salvini e Grillo rappresentano l’aturoglossia. In Grillo, a voler essere clementi, si possono forse riconoscere alcuni aspetti della parresia cinica, quelli legati al metodo provocatorio e scandalistico, se non fosse per il fatto che le sue gridate verità risultano troppo spesso lontane dalla realtà (talora anche consapevolmente). E Renzi? Diversi gli aspetti della parresia che andrebbero discussi. Quello che a me sembra prevalente è che egli, come Xuto nello Ione di Euripide, ha una visione semplificata del mondo di cui vuole a tutti i costi convincere se stesso e gli elettori. La sinistra radicale? Non pervenuta. Anche guardando al di fuori del microcosmo nazionale non si può non condividere l’osservazione di Umberto Galimberti sul fatto che, in generale, nel mondo di oggi abbia avuto successo la pessima pubblicistica dell’Odissea con il trionfo dell’astuzia ingannatrice  e non l’apologia di Socrate con la parresia del suo tragico protagonista. Ma non è detto che debba continuare così. Anche la Creusa dello Ione patì a lungo la menzogna ma trovò infine la forza di ribellarsi ed il coraggio di affermare la verità.

 

CDL, Tivoli, 1 Febbraio 2016

 

1. Michel Foucault. Discorso e verità nella Grecia antica. Donzelli, Roma, 2005. Eccellente l’introduzione di Remo Bodei. Un’ampia parte del testo è riportata in: “Michel Foucault, Discorso e verità. La problematizzazione della parresia” di Gabriella Giudici.

2. Il termine di “parresia sociale” non è utilizzato da Foucault che parla invece di “parresia e vita di comunità”.

3. Umberto Galimberti. Michel Foucault a lezione di greco. La Repubblica, 16 Febbraio 1996.

4. Benedetto Croce. Teoria e storia della storiografia. Adelphi, Milano, 1989, p. 14.

5. Curzio Maltese. L’errore (rischioso) di chiamare “gaffes” le mosse astute di Trump e Marine Le Pen. Il Venerdì di Repubblica, 18 Dicembre 2015.

 

 

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