Da «Slavus» a «Ciao»: la sorprendente origine del termine italiano più diffuso nel mondo

 

 

Un’antica rappresentazione dell’immaginario comune giunge sino a noi attraverso un percorso che ne ha reso irriconoscibili le origini. La insospettata etimologia di una parola così diffusa, eppure ancora sconosciuta nel suo significato antico.

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Il testo che segue è tratto per intero da: Claudia Arletti. «Ciao»: la parola che tutto il mondo ci invidia (e ci ruba). Il Venerdì di Repubblica, 22 Giugno 2018, n° 1579, p. 88.

Il saggio di un docente di linguistica ricostruisce la storia del termine italiano più conosciuto. Fra poesie,canzoni e spot, si risale fino al VI secolo.

Diciamo ciao da tutta la vita («Fa’ ciao con la manina» si insegna ai bambini), però lo scriviamo solo da duecento anni. Risalgono infatti al 1800 le prime attestazioni nero su bianco di questa parola italiana piccola e fortunata, oggi talmente diffusa nel mondo da gareggiare con il più penetrante dei nostri atout: la pizza.

02 Modugno2Certo, sapere come e quando cominciammo precisamente a salutarci dicendoci ciao, e poi ciao raga e magari ciaone, è tutta un’altra storia: mica è lo Sputnik, che fu lanciato – anche come parola – il5 ottobre 1957, non un giorno prima né un giorno dopo, per cui è impossibile sbagliarsi. Ma Nicola De Blasi, docente di linguistica a Napoli, con il suo saggio Ciao (e che altro?) non si perde d’animo e ci conduce sempre più lontano, giù giù fino al VI secolo d.C., quando ebbe inizio la cattura degli Slavi che venivano destinati alla schiavitù. Secoli dopo, nel 1200,tra Italia, Spagna e Francia la parola schiavo per slavo avrebbe acquisito il significato che oggi conosciamo. Ancora un piccolo salto, ed ecco che nel 1300 era già possibile salutare dicendo schiavo, un po’ come «Servo vostro». Nel 1500, Pietro Aretino nel Marescalea scriveva: «Vi son schiavo, maestro». Di lì in poi è stato un attimo (si fa per dire). E quindi riepilogando: slavus/sclavus , schiavo , sciavo e schiao (pronuncia s’ciao, in veneziano), ciavo (in milanese), scavo (al Sud), stiavo (a Firenze), e finalmente un ciao rotondo e dilagante, che si propaga da Nord a Sud, convivendo per un po’ accanto alle forme più vecchie. «Schiavo, andiamo avanti» scrive Antonio Fogazzaro in Piccolo mondo antico, nel senso di “e basta , addio”.

03 Italia 90Poi, il 31gennaio 1959, a Sanremo arrivò Domenico Modugno con Piove, e fu il diluvio. Il mitico ritornello, Ciao ciao bambina, diventato il titolo dei dischi destinati all’estero, entrò nelle orecchie degli ascoltatori di mezzo mondo; e, come la pizza o Volare!, cessò di essere solo nostro. «Una parola che si è trasformata in un’icona» dice oggi De Blasi, citando il motorino Piaggio (era il 1967, l’anno di Ciao amore, ciao), la crema Ciaocrem, la mascotte dei Mondiali del 1990…

Adesso che sguazziamo in un mare di ciaissimo, cià-cià-cià e ciao neh, torna in mente un libro di poesie di Roberto Piumini di qualche anno fa. Si chiama Cento Ciao. Contiene un memorabile Ciao ciuccio: musicale, appena malinconico, perfetto per chi fa ancora ciao con la manina.

 

CDL, 12 Dicembre 2018. Pubblicato su Il Sestante il 4 Luglio 2018.

 

 

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