Un paese di destra

 

 

Di recente Ilvo Diamanti ha pubblicato su Repubblica i risultati di un’indagine demoscopica (1) dalla quale emerge che circa il 30% degli italiani non si considera né di destra né di sinistra (figura 1).

Figura 1

Tale quota è estremamente mutevole nei sottoinsiemi elettorali e, per l’anno 2019, varia dal 9% degli elettori del PD al 24% di quelli della Lega e al 34% di quelli del M5S (figura 2). Da questi dati si potrebbe dedurre che il problema attuale del PD non sia quello di recuperare voti dal versante destro dello schieramento politico ma quello di guadagnare il consenso di coloro che sono “fuori” dagli schemi ideologici abituali.

Sulle definizioni Diamanti cita Bobbio (2) secondo il quale il discrimine correva sul filo del valore attribuito alla disuguaglianza: espressione di un’ingiustizia sociale da eliminare in una concezione di sinistra, risultato di una diversità da preservare ed anzi favorire secondo un approccio di destra.  Ma il punto è proprio questo. Non è affatto scontato che chi abbia partecipato alla ricerca conoscesse e condividesse queste definizioni. Diverso sarebbe stato se anziché la semplice autocollocazione, agli intervistati fosse stato richiesto un giudizio di valore su una definizione di minima della disuguaglianza, del tipo “sei d’accordo che la disuguaglianza sociale è frutto dell’ingiustizia sociale?”.

Figura 2

L’autocollocazione, senza una base culturale comune e condivisa, dunque ha scarso valore perché può contenere opinioni molto diverse. Dall’esperienza comune anzi viene la constatazione che solitamente coloro che si pongono oltre o al di fuori della polarità destra-sinistra siano in realtà conservatori mascherati. Spesso anche reazionari che non vogliono dichiararsi. E a dimostrazione di questo si consideri che sulla base dei dati forniti dall’indagine Demos e riportati nella figura 2, si può calcolare che alle ultime elezioni europee gli elettori che non si considerano né di destra né di sinistra siano complessivamente, per i quattro partiti citati, oltre 4.884.000. Nel 45,1% dei casi hanno votato Lega, nel 36,5% il M5S, nello 11,2% il PD e nel 7,2% FI. Dunque oltre la metà di coloro che non si collocano né a destra né a sinistra hanno votato per partiti di destra: il 45,1% per la Lega, il 7,2% per FI. Un altro 36,5% ha votato il M5S che già da tempo ha assunto una connotazione inequivocabile di destra. Infatti, il M5S, che sinora si è fatto vanto di uscire dagli schemi ideologici “ottocenteschi”, ad un’analisi un po’ più attenta può essere collocato a destra per una serie di ragioni, tutte importanti, di carattere culturale (l’ostilità alla politica di accoglienza, il voto contrario alle unioni civili nella passata legislatura), elettorale (maggiore vicinanza ai partiti di destra documentata in precedenti indagini demoscopiche), politico (il contratto di governo con una Lega nazionalista, l’alleanza europea con Farage, la dichiarata empatia per Putin), programmatico (il sovranismo monetario sempre pronto a riemergere, il reddito di cittadinanza pagato al prezzo di una contrazione dello Stato sociale, da sempre una proposta di destra) (3).

Ed in mezzo a questa moltitudine attratta dall’offerta neo-populista di destra, molti vengono da quelle aree sociali che in precedenza si sentivano rappresentate dai partiti di sinistra e che sono state travolte dalla globalizzazione, impoverite dalla crisi economica e spaventate dagli eventi epocali che hanno contrassegnato gli ultimi anni, dal terrorismo internazionale alle migrazioni imponenti. Dunque il problema del PD e di qualunque altra forza di sinistra non è quello di imbastire una politica atta a recuperare i voti di coloro che rifiutano la distinzione tra destra e sinistra ma quello di convincere un Paese a larghissima maggioranza rivolto a destra che la sua concezione sulla disuguaglianza e la giustizia sociale è quella giusta e praticabile. Nel complesso appaiono perciò condivisibili le conclusioni di Diamanti: «Tuttavia, gli (a Zingaretti, nda) converrebbe coltivare, anzitutto, il proprio terreno “storico”. Sul piano sociale. Rivolgersi ai perdenti della globalizzazione. Non solo agli ultimi. Ma anche ai penultimi. Quei “ceti medi” che, oggi, sono finiti ai “margini”. Perché alla Sinistra conviene credere ancora a Norberto Bobbio. Per “ritrovare senso”, deve “restituire senso” all’eguaglianza. Come valore e come progetto».

 

 CDL, 20 giugno 2019

 

  1. Ilvo Diamanti. Né di destra né di sinistra, cresce l’Italia che sta fuori. La Repubblica, 17 Giugno 2019, p 11.
  2. Norberto Bobbio. Destra e sinistra. Ragioni e significati di una distinzione politica. Donzelli, Roma, 1999.
  3. In proposito si veda: CDL. Perché il M5S è di destra. Democrazia Pura, 1 marzo 2018.

 

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